Pagina:Kulmann - Saggi poetici.djvu/43

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prefiggeva. Era impossibil cosa il distorglierla da una impresa dicendole: «Abbandonate il vostro progetto, è troppo difficile.» Simile consiglio ad altro non serviva fuorché a concentrare tutta la sua attività sopra quel solo oggetto. Tutto nel suo lavoro non era facile: nonostante le sue eminenti qualità, la parte meccanica le offriva degli ostacoli che non vinceva che dopo lunghissimi sforzi. Ma nelle circostanze, nelle quali lo spirito solo dovea soccombere, la volontà ferma trionfava. Niuno, più di lei, sapea disporre con economia del tempo. Dormiva sette ore: si alzava alle sei del mattino quasi sempre: facea la sua preghiera con un fervido raccoglimento e colla più umile devozione. Quantunque si vestisse con decenza, e potria dirsi anche con eleganza, in pochi minuti era sempre pronta. La colazione era breve, e spesso brevissima, perchè spesso le mancava il necessario. La prima occupazione che sceglieva era quella che esigeva i maggiori sforzi, e la maggiore tensione di spirito, occupazione alla quale si dedicava fino all’ora in che dovea preparare da sé stessa il parco desinare, del quale si sbrigava facilmente, vista la sua povertà. Il dopo pranzo era esclusivamente consecrato alla letteratura, ed a quelle opere che doveano estendere il circolo delle sue cognizioni. Di tanto in tanto leggeva qualche cosa unicamente per distrarsi. La sera stava o colla famiglia del comandante del Corpo delle miniere, o con sua madre e col suo vecchio amico e precettore. L’ordine il più esatto era l’anima delle sue occupazioni: per lei ogni occupazione avea il suo tempo, e ogni oggetto il suo luogo, e spesso si vantava ridendo, di essere in ciò superiore a Franklin, poichè egli stesso confessava in un’opera sua che gli riusciva immensamente penoso dover porre dell’ordine nelle cose sue.

Noi narreremo due fatti che provano quanto delicata e quanto buona ella fosse. All’esposizione delle belle arti vi erano, fra gli altri, tre o quattro dipinti di un giovine Persiano, che Abbas-Mirza aveva mandato in Europa per studiare la pittura, e niuno pose mente a quei quadri, che non erano senza merito: l’autore era nella stessa sala frammisto agli spettatori, fra quali si torvava anche Elisabetta.