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148 dell'asino d'oro

fibbie e rosette tutte d’oro adornandoti, ti farò allegro delle belle pompe rilucere, come un cielo stellato; e portando nel mio ricco grembo e fra la morbida seta soavissimi pinocchiati, ogni dì, o mio liberatore, te ne darò una satolla. Ma nè anche, oltre a’ dilicati cibi e il profondo ozio e la beatitudine della vita tua, ti mancherà la gloria e la dignità; perciocchè con perpetuo testimonio sarà segnata la ricordanza della mia presente fortuna e della divina providenza: e facendo dipignere in una tavola la storia della presente fuga, a tuo perpetuo nome l’appiccherò nelle logge della casa mia. Vedrassi, udirassi fra le altre novelle, e colle penne degli uomini dotti sarà fatta immortale questa rozza storia: fuggendo una regia fanciulla su uno asinello, si libera dalla servitù de' pessimi ladroni. Sarai ancor tu fra gli altri antichi miracoli numerato; e crederanno per la verità del presente esempio, che Frisso sopra del montone notasse, e Arione collo aiuto del delfino scapolasse, ed Europa sopra del toro si riposasse. E come egli si dice, che Giove già si nascose entro a quel toro; perchè non potrebbe egli essere, che in questo mio asinello fusse nascosto o il volto di uno uomo o qualche divino spirito? - E mentre che la fanciulla mescolava con infiniti sospiri queste parole, noi arrivammo ad un certo trebbio; dove ella tirando il mio capestro, faceva ogni cosa per voltarmi dalla man destra, perciocchè quella era la via che arrivava a casa del padre. Ma io, che sapeva che i ladroni erano andati di là per lo restante di quelle robe, me le contrapponeva il più ch’io poteva: Che fa’ tu, infelice fanciulla? che cerchi? perchè t’affretti tu d’andarne allo inferno? che ti sforzi tu di fare co’ piedi miei? tu non rovinerai te sola, ma me insieme con essoteco. E così l’un tirando in qua, e l’altra in là, nella causa de’ confini e della proprietà del terreno, anzi della divisione della strada contendendo, stemmo tanto, che i ladroni, che tornavano carichi di roba, ci ritrovarono: e per lo splendor della luna riconosciutoci da discosto, e con un maligno riso salu-