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Pagina:L'edera (romanzo).djvu/208

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206 l’edera

terò un sacco. Non temere: qui sei sicura come eri sicura nel ventre di tua madre...

Ma nonostante queste parole ella non si sentiva sicura. Se mai, le pareva di trovarsi nel ventre di un mostro di pietra, o entro una tomba di roccia simile alla tomba che chiudeva il gigante morto. Anche lei era stata condotta là dentro dall’astuzia e dalla malignità della sua misera sorte... Ma finchè poteva, voleva ribellarsi e combattere.

— Zio Castigu ha indovinato tutto, — pensava — e vuole farmi confessare, vuol farmi dire tutto al prete. Ma io non voglio... non ancora...

E un’altra notte di febbre e di angoscia passò. Ella si sentiva sfinita: le pareva che le pietre la schiacciassero, e si domandava se la reclusione era così, un nascondiglio per tutta la vita... La smania della febbre la incitava a fuggire; incubi paurosi la soffocavano: le pareva di trovarsi sotto una coperta nera, e sopra c’era la vittima, e curvi su lei i tre dottori che mormoravano parole strane. Fuggire!... Fuggire! Ma dove andare? Tutto il mondo, oramai, era per lei un luogo di pericolo e di affanno.

Sorse di nuovo il giorno e di nuovo tramontò. Le notizie che portava zio Castigu erano sempre tristi: non si sapeva nulla della perizia medica, nè dei lunghi interrogatorii coi quali il pretore tormentava gli accusati.

— Domani, forse, i miei padroni saranno condotti nelle carceri di Nuoro. Pensa, Annesa, pensa! — disse zio Castigu, giungendo le mani con dispera-