Pagina:La Donna e i suoi rapporti sociali.djvu/199

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ritto innegabile al rispetto ed all’amor della prole, alla quale la natura la indice con evidenza; il padre non partecipa a questi diritti, se non in quanto siasi egli stesso incaricato di provare al figlio la paternità sua, tutti verso di lui compiendo quei doveri di alimentazione e di educazione che la ragione gli suggerisce.

Tanto ci insegna semplicissima riflessione sulla logica dei fatti. Ma gli uomini sono eternamente inclinati a costruire gli edificii loro sulle ipotesi, ed anche qui preferirono meglio fondar sull’ipotesi che sull’evidenza; ed innalzarono la patria potestà che, come piramide partita da larga base, col diritto di morte e di vendita sui figli, andiede in appresso assottigliandosi; ma ne rimane oggi stesso pur tanto da non lasciarci credere di troppo posteriori alla antica Roma.

La paternità legale è la prima ragione della schiavitù della donna. Infatti, perchè fossero duratori questi rapporti artificiati, era duopo dar qualche corpo alla ipotesi, qualche esattezza all’induzione. Da qui la reclusione della donna; e cessata questa nel modo assoluto colla civiltà dei tempi, perdura tuttavia nel suo spirito e nel suo scopo nelle mille limitazioni della sua libertà. Da qui il diritto di comando, di sorveglianza, il supremo arbitrio del marito; la signoria dell’uomo insomma, e la servitù della donna.

Sì, la madre dell’uomo non ha altro diritto che quello di soffrire per lui, di formarlo del suo sangue, di nutrirlo del suo latte, di sagrificarsi completamente, se vuole, ai suoi interessi, e basta. La legge non riconosce nessuna maternità; ed in mancanza del padre non ha la madre neppur diritto di preferenza alla tutela della prole; laonde, rompendo così la legge ogni legame fra la madre ed i figli, dà a questi la prima lezione di immoralità e di ingratitudine, mentre strappa dalla