Pagina:La Vita Ai Tempi Eroici Di Persia, Uffizio della Rassegna Nazionale, 1885.djvu/23

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AI TEMPI EROICI DI PERSIA 21

l’armi e i solazzi sereni e tranquilli del suo castello. Quasi tutti i re della leggenda persiana muoiono sazi di vita, come dei Patriarchi dice la Bibbia, e dopo avere ottenuto in terra quanto essi avevano desiderato più ardentemente. Così moriva il re Frèdùn, poichè aveva rivendicato il trono de’ suoi padri e punita la morte crudele del suo più giovane figlio, l’innocente e nobile Erag’; così moriva il re Minócihr, poichè ebbe ridotta sotto il suo comando tutta la terra, l’Oriente e l’Occidente; così moriva il re Kàvus, poiché ebbe vendicata la morte del figlio suo Siyàvish, e re Khusrev, per i suoi meriti singolari, era fatto degno di salire al cielo. Ma prima che giungesse quel dì fatale, gli astrologi e i sacerdoti che l’avevano già da gran tempo preveduto, entravano solennemente dal re e gli annunziavano con parole compunte e riverenti la sua prossima fine. Il gran signore, uniformandosi ai voleri del cielo, con tutta la regia pompa si sedeva allora sul trono e si poneva in capo la corona reale; indi, fatti entrare tutti i suoi principi e i grandi del regno, alla presenza dei sacerdoti, consegnava quella corona al figlio suo, ovvero a quel principe che aveva maggior diritto al trono, e l’ammoniva a serbarla intatta e gloriosa, a non insuperbirsi per essa, poichè la gloria dei re passa come un aura lieve, ad accrescerne lo splendore con opere egregie, di cui soltanto rimane eterna la ricordanza. Ciò detto, egli accomiatava tutti per attendere nella pace e nella solitudine l’estremo giorno del viver suo. Gli eroi, invece, della leggenda persiana trovano quasi tutti la morte in campo fra lo strepito dell’armi, allorquando qualcun dei nemici scaglia su loro quel colpo fatale che è designato dal cielo a troncare i loro giorni.

Ma, qualunque fosse il genere di morte che incoglieva quell’uomo grande e illustre che regnando o combattendo aveva ben meritato della sua terra, le cerimonie funebri erano pur sempre semplici e grandiose. Elevavasi prima di lutto il mausoleo, che era un piccolo edilizio quadrato, posto sopra un’ampia base a gradini, con un letto acuminato e una piccola stanza nell’interno a cui dava accesso una porta angusta e bassa. Allora, si volgeva il pensiero al cadavere; e tosto i famigli intenti, fra il pianto e i sospiri, sotto la sorveglianza del figlio o del più prossimo parente dell’estinto, lavavano con acqua di rose il corpo, ne ravviavano la barba e i capelli con un pettine dorato e n’empivano il cranio di muschio, di canfora e talvolta anche di vischio. L’avvolgevano allora in abiti pomposi di tessuto cinese, gli cingevano le sue armi guerriere e gli ponevano sul capo una corona. Ciò fatto, ponevano quel cadavere a sedere sopra un trono di quercia con ornamenti di avorio e col-