Pagina:La desinenza in A.djvu/200

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già per isvista, come sappiamo, a un fiore di uomo e di pòvero, se n’era tosto, con una querela di solenne impotenza, sbrigata, per dar l'ùltimo crollo ad un vecchio, cârco di colpe e milioni e per rimanere di questi, in un medèsimo tempo, sposa, vèdova, erede. Fu allora come lo scoppio di una polveriera. Sfolgorante di gioventù e di bellezza, con un diàvolo di lussuria per capello, col patrocinio di un nome illustrìssimo e una ricchezza che ogni virtù poteva comprare e scusare ogni vizio, Elda, sfondato il cerchio di carta dei pregiudizi, si credè tutto permesso. Né ella era di quelle delicatine, che intrattèngono amanti, come l’analfabeta terrebbe biblioteche, per pura ostentazione, o di quell'altre, che pur leggèndone qualche pàgina, fanno ciò con riguardi e col batticuore, timide sfacciatelle dai baci a mezza bocca e dagli abbracci flosci, e neanche di quelle che si fan strapregare per quanto hanno uzzolo, o pigliano sempre non dando mai, o vogliono (che è peggio ancora) passare per peccatrici senz’esserlo. Elda invece lo era franchissimamente, in piena buona fede, nella maggiore estensione del tèrmine. Tenèa fame di uomo, come altri di cibo. Al solo odore di maschio entrava in furore come una gatta ai profumi. Aborria qualunque rettòrica lungherìa, qualunque circonlocuzione pudica, qualunque vergogna, eccetto quella di castità; diciamolo anzi, èrale odioso una sola spece di amore, l’amor senza scàndalo. Chi non mi