Pagina:La fine di un regno, parte III, 1909.djvu/63

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al generale Lecca, albanese, cui egli si era presentato iu questa qualità, e ne aveva avute benevole accoglienze, come l’aveva avuta il Milano e quanti soldati albanesi si presentarono a lui. Si disse che dopo l’attentato il Lecca si fece presentare il Milano, e tra l’altro, gli disse: Ma perchè volesti assumere la figura di un assassino così empio di attentare alla persona sacra del Re?; e ne ebbe, si disse, risposta fiera e dignitosa.

Gli altri arrestati, immediatamente dopo l’attentato, furono:

I fratelli Alfonso ed Isidoro Gentile di Paola, morti entrambi, Alfonso col grado di prefetto in ritiro, Furono arrestati a Cosenza, dove erano studenti e dove avevano fatto amicizia con Agesilao Milano. Da Cosenza furono tradotti nelle carceri di S. Maria Apparente in Napoli, dove eravamo noi altri, ed arrestato anche mio cugino Vincenzo Marchese, giovinetto di quindici anni, e già alunno del collegio italo-greco. Mio fratello Donato trovò scampo con la fuga.

Francesco Mosci, Albanese, dimorante in Napoli, ove era domiciliato.

Raffaele Trioli, morto giudice di tribunale, arrestato in Calabria e tradotto come i Gentile a Napoli.

Temistocle Conforti e suo cugino Eugenio Conforti di S. Benedetto Ullano, arrestati nel paese nativo, e tradotti a Napoli.

Raffaele Aiello, un ex impiegato carcerario di Cosenza, anche esso tradotto con gli altri a Napoli.

Lelio Gatti medico a Cosenza, di una notissima famiglia di liberali tenuta d’occhio dalla polizia. Aveva conosciuto Agesilao Milano nel tempo che egli faceva lo scritturale al fornitore delle carceri Carlo de Angelis.

Carlo de Angelis, testè citato, che aveva fatto di Agesilao una specie di segretario.

Pietro Antonio Basile di S. Giorgio Albanese, arrestato in Calabria e tradotto nelle carceri di S. Maria Apparente con noi altri, Giuseppe Marchianò, Orazio Rinaldi, Domenico Francalanza, Domenico de Stefano, Igino Mirarchi ed io arrestati tutti a Napoli dove studiavamo.

Attanasio Dramis, il più stretto amico di Milano che era nelle maggiori sue confidenze, e che si trovava anch’egli addetto al servizio militare nella gendarmeia a Salerno.

Nella prima furia delle persecuzioni furono arrestati alla cieca tutti gli albanesi che si trovavano a Napoli salvo eccezioni, nonchè don Antonio Gradilone, don Lorenzo Zaccaro e don Stanislao Marchianò, albanesi il Gradilone e il Marchianò, il vecchio padre del Rinaldi ed il fratello di lui Francesco; ma dopo pochi giorni, alcuni furono rimandati liberi e ritenuti solamente noi altri, sui quali cadevano sospetti di com-