Pagina:La fine di un regno, parte III, 1909.djvu/66

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indossato l’uniforme, era corso alla Reggia onde presentarsi a S. M., ho creduto dover mio far la medesima cosa. Ai piedi dello scalone del Palazzo trovai il Ministro di Russia che, in uniforme al par di me, recavasi a complimentare S. M.

Come era naturale, S. M. si compiacque ricevermi dopo il sig. Kokoskine, ed io interprete dei sentimenti del Re N. A. S. e del Governo di S. M. ebbi l’onore di rassegnare a S. M. Ferdinando secondo l’espressione della profonda indignazione che nell’animo di tutti avrebbe potentemente destato l’annunzio di sì orribile attentato, felicitandolo in pari tempo di esser così provvidenzialmente scampato da tanto pericolo.

S. M., mi accolse con molta benevolenza e mi disse che era più che persuaso della sincerità dei sentimenti che il Re di Sardegna ed il Governo Piemontese nutrivano per la sua persona, e che era assai sensibile alla premura colla quale io era corso a complimentarlo.

S. M. mi assicurò di sua propria bocca che era stato così leggermente ferito che era cosa da non farne più parola, ed io dal contegno tranquillo ed indifferente di S. M. confermo, quanto più sopra dissi, sulla imperturbabilità del suo animo. Il Re da tal fatto ritrae un evidente segno della protezione della Vergine per la sua persona, e per la sua famiglia: tale convinzione in lui già forte s’invigori maggiormente e forse nelle future deliberazioni che dovrà prendere la medesima potrà aver gran parte.

Ebbi ieri parimenti l’onore di ossequiare S. M. la Regina, alla quale espressi i medesimi sentimenti che aveva esposto a S. M.

Le LL. MM, il Re e la Regina mi diedero l’incarico di assicurare S. M. il Re del vivo interesse che prendono ad ogni qualunque cosa che particolarmente Lo concerna, e della soddisfazione che provano nel ricevere favorevole notizia di sua preziosa salute.

A compimento dei ragguagli, che hanno relazione al fatto in sè stesso, debbo confessare a Vostra Eccellenza che grandissimo fu il mio stupore nel vedere la generale indifferenza sia della truppa che della popolazione in presenza dell’attentato, fatto sulla persona del Sovrano. Non un grido, non una voce si intese; l’ordine non venne menomamente sconvolto, ma eziandio non furono in nessun modo esternati quei sentimenti di devozione e di entusiasmo per un Re, che sfugge per miracolo a certa morte.

Quanto diversa è stata, a quanto mi fu assicurato, l’attitudine del popolo Napoletano quando nel 1833, se non erro, Rossarol e Lancillotti attentarono alla vita del Re!

La popolazione allora gli diede colle sue entusiastiche acclamazioni non dubbie prove della sua devozione, ora invece il silenzio della tomba lo accoglie ovunque passa. Questa così diversa situa-