Vai al contenuto

Pagina:La fine di un regno (Napoli e Sicilia) II.djvu/176

Da Wikisource.

— 168 —

nella retrobottega di una bettola, tenuta da Mario Villabianca, nella via detta ora Mariano Stabile. Quella riunione fu numerosa e allegra. Non vi era dubbio per nessuno che la rivoluzione avrebbe vinto. La polizia intanto non dormiva. Il giorno 2 aprile, fu arrestato Mariano Indelicato, e dall’ispettore Gandolfo si tentò anche di arrestare Marinuzzi, il quale, con audacia inverosimile, traversando le vie di Palermo in carrozza scoperta, con capsule, due canne da fucile e polvere, si mise in salvo, anticipando la sua gita presso Rantieri di quararantott’ore. La polizia eseguì una visita domiciliare in casa del Perrone Paladini, proprio nel momento, in cui gli era stata portata della polvere. La presenza di spirito del falegname Bivona salvò tutto; poichè questi, vedendo la polizia, cacciò la polvere nel paniere destinato alle compere giornaliere e, porgendolo alla signora Paladini, le disse forte: “Qua, signora, c’è lo zucchero„. In seguito a questi fatti, la sera del 2 si tenne un’altra riunione in casa Lanza. Qualcuno sconsigliò il movimento, giudicandolo intempestivo; qualche altro non si vide più, e il padre Lanza co’ suoi giovani amici non trovava posa. La mattina del 3, giunse al Lanza un biglietto con queste parole: “Fra mezz’ora onze cento. Telegrafate Messina Catania„. Lanza, dopo i pagamenti fatti alle squadre, non aveva più danaro, ma il barone Riso pagò del suo la somma richiesta. La seconda parte dell’avviso, mandato dal vecchio Pisani, confermava, com’è chiaro, gli accordi, ingiungendo di avvisare Messina e Catania, perchè insorgessero.

È facile immaginare le ansie e i varii episodii di quel giorno, vigilia della rivolta. Verso sera il Pisani, juniore, si recò nella villa del duca d’Aumale, ai Porrazzi, per informare il Marinuzzi di alcuni dubbi sorti circa l’opportunità d’insorgere, e facilmente superati. Lo trovò armato, in mezzo ad altri armati, pronti a marciare all’alba del di seguente. A casa l’aspettava il dottor Giuseppe Lodi, il quale, da parte di Giovanni Raffaele, lo scongiurò d’impedire la rivoluzione, perchè sarebbe stata un grande errore, non essendo nulla veramente preparato; ma il Pisani gli rispose d’ignorare assolutamente quanto avveniva, e che ad ogni modo il dottor Raffaele gli dava soverchia autorità, credendolo capace di arrestare la rivoluzione. E poichè concluse il discorso con le parole: “il dado è tratto„, Lodi se ne andò, replicando: “Su di voi dunque ricadrà la responsabilità del sangue, che domani sarà inutilmente versato„.