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Pagina:La fine di un regno (Napoli e Sicilia) II.djvu/327

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misti, come diceva e ripeteva la diplomazia napoletana; ma era vero e unanime movimento popolare, suscitato si da varie cagioni, ma tutte ispirate politicamente da un sentimento unico: l’indipendenza da Napoli e l’unione all’Italia, con un governo moralmente migliore. Di quei giovani patrizi del 1860 sono superstiti il principe di Niscemi, senatore del Regno, il barone Giovanni Riso, il principe di Giardinelli e Giovanni Notarbartolo, fratello del povero Emmanuele.


Un decreto del 30 giugno, che portava le firme di Garibaldi dittatore e del segretario di stato della guerra, Vincenzo Orsini, diceva: “volendo annuire alle reiterate istanze fatte da molti tra i benemeriti cittadini, che prepararono e coadiuvarono il movimento siciliano„: veniva istituito un corpo speciale, che si chiamò col nome poco felice di “Guardie del palazzo dittatoriale„. Venne formato difatti dai cittadini più noti e più animosi, che prepararono e coordinarono il risorgimento siciliano ed erano centoventi. Di questo corpo eletto fu comandante, col grado di capitano, Gaetano La Loggia; il principe Antonio Pignatelli ne fu luogotenente; il barone Giovanni Riso, sottotenente; Corrado Niscemi, Martino Beltrami Scalia e Casimiro Pisani, juniore, ne furono sergenti; il principe di Giardinelli e Giovanni Notarbartolo di San Giovanni ne furono caporali; e Gabriele Cesarò, che era forse il più giovane, milite, ma i militi erano pareggiati a sottotenenti, e via via gli altri graduati. In questa compagnia di onore, che ricordava le cento guardie di Napoleone, e le guardie del Corpo dei Borboni, entrarono, anche come semplici militi, Enrico Albanese, Andrea Rammacca, Francesco Brancaccio di Carpino, Paolo Paternostro, Narciso Cozzo, Mariano Indelicato, Francesco Perrone Paladini, Rocco Ricci Gramitto. Giambattista Marinuzzi ne fu il furiere. Corpo veramente eletto, che in quei giorni rese buoni servigi anche alla sicurezza pubblica. I più giovani si arruolarono addirittura con Garibaldi e si batterono a Milazzo e sotto le mura di Capua. E qui occorre ricordare, che Francesco Lanza di Scalea, oggi senatore del Regno, ed Emmanuele Notarbartolo di San Giovanni, del cui efferato assassinio in questo momento tanto si parla, in vista dei grandi avvenimenti che si preparavano, avevano preso servizio volontario, nel febbraio del 1859, nell’esercito sardo; e Cavour, per il nome delle loro famiglie e il significato politico, che rappresentava