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ma sulle vive istanze fattemi, garantii che il Comizio si sarebbe tenuto coll’ordine il più perfetto — e tenni diffatti la parola.

Si ritornò quindi sulla lista dei nomi per la Giunta, avendo spiegato a tutti quei signori, che cosa si fosse deciso nel Circolo Popolare; e ricordo che dovetti spendere molte parole per convincerli, che tutto si poteva accomodare facilmente di comune accordo; imperocchè i desiderii dei cittadini del Circolo Popolare erano oltre modo limitati. Mi fu allora data una nota, redatta da quei signori, con 22 nomi, fra i quali vi era il mio e quello di Giovanni Costa, e l’assicurazione che si sarebbe procurato di metterla d’accordo con quella che avrebbe fatta il Circolo Popolare.

Giungemmo così alla sera, in cui erasi deciso riunirsi alle 7 in Campidoglio. Molti intervennero; ma pochissimi fra coloro ch’erano stati designati nella nota del giorno 20. Vennero il cav. David Silvagni ed il cav. Righetti, romano, sotto-prefetto in non so qual parte del Regno. Eglino, trattomi da un lato, mi dissero, che si credeva indispensabile fosse Presidente della Giunta D. Michele Caetani, Duca di Sermoneta; ma che questi si ricusava assolutamente di farne parte, se la Giunta fosse acclamata in un Comizio; che si era pensato fra coloro, i quali convenivano nelle sale del generale Masi, di invitare il duca di Sermoneta a nominare egli stesso la Giunta; che mi pregavano, affinchè io volessi far accettare dai miei amici questa idea.

Risposi, che nello stato in cui stavano le cose, ciò era impossibile, o almeno, ch’io non vi avrei mai prestato mano; che non potevo credere il Duca di Sermoneta facesse questa difficoltà; che tutto al più poteva ciò provenire unicamente dall’essere egli stato male informato. Di questa conversazione fra noi tre, fui pregato allora di non farne parola.