Pagina:La madre (1920).djvu/210

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dimentico; non voglio dimenticarti. Ma bisogna restare puri, Agnese; bisogna conservarlo per l’eternità l’amor nostro, confonderlo con le cose migliori della vita, col dolore, con la rinunzia, con la morte stessa, cioè con Dio. Le intendi queste cose, Agnese? Sì, che le intendi, sì: dimmelo.

Ella lo respingeva: pareva volesse sfondargli il petto con la testa; finchè riuscì a svincolarsi e tornò ad ergersi sul busto, rigida, coi bei capelli di raso attortigliati come nastri intorno al volto duro.

La bocca chiusa, le palpebre abbassate, pareva si fosse d’improvviso addormentata di un sonno austero pieno di un sogno di vendetta. Ed egli ebbe più paura di quel silenzio e di quell’immobilità che delle parole insensate e dei moti convulsi di lei.

Le riprese le mani, gliele strinse fra le sue: ma erano, tutte e quattro, mani oramai morte alla gioia, alla stretta d’amore.

— Agnese, vedi che mi dai retta? Sei buona, tu; adesso andrai a riposarti, e