Pagina:La morte di Florigella.djvu/5

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115Questa d’incerto ben più incerta spene.
Ma qual lettera chiusa
Ne la polve rimiro;
Sarà forse caduta
A’ Bifolco imprudente:
120O’ quanto poco è saggio
Chi confida à la carta
Senza fidata scorta
Importante segreto:
Vediamo Elpin che dica.
125E’ sarà questo un desviar la mente
Da quel fiso pensier, che la tormenta.
ACRISIO il Tosco, à Coridon salute.
Da quella parte appunto
Oime, tu vieni, ò carta,
130Da quella parte appunto ove dimora
Del mio bramato dì la bella Aurora.

Fia che tù legga in questi pochi versi,
Che furo (ò Coridone) amaramente
Di pianto oime, più che d’inchiostro aspersi,

135De la più bella donna il fin dolente,
Che mai spiegasse al Sol le chiome d’oro,
Dal freddo Scita, all’Etiopo ardente.

Un Angelo parea del sommo choro,
O’ Primavera almen, quando rimena
140Con man fiorita il luminoso Toro.

Era di quella Età, ch’è più ripiena
Di dolcezza, e piacer, c’haver non suole
Altro martir che l’amorosa pena.

A’ le vaghe d’Amor fattezze sole,
145Novo ciel di beltà dir si potea,
Cinthia havendo nel sen, ne gl’occhi il Sole.