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1., 1. a., 1. b. Questo vasetto è in argento della grandezza in cui si presentano in piano le parti del bassorilievo. A cagione d’urti sofferti e per la bocca sempre aperta della sorgente, ha perduto una parte del collo, la bocca ed il manico: talchè non saprebbesi, se alla classe degli oenochoe o a quella dei lekytos o degli aryballos s’abbia a richiamare. Sotto il n.° 1.a. ho fatto sviluppare il bassorilievo che lo adorna, e sotto 1.b. la iscrizione.
Il tornio gli ha ricavato sopra il piede quattro cordelline tonde, ed altre che sono almeno sei nella parte rimasta lunghesso il collo. Sopra il ventre poi vedesi alzato leggermente di cesello un satiretto, e quinci e quindi due foglie e due pannocchie con giusta simmetria. Il giovine satiro con corna e gambe caprine, cintosi al collo un torque e attraversatosi sulla destra spalla un tirso fiorito in amendue le estremità, va di gran fretta sostenendo colla sinistra sul fianco un piccol paniere ricolmo d’uva. Il cesellatore ha forse tolto dal vero le foglie e le pannocchie, ed ha condotto il lavoro del satiro più col fervore d’un artista di genio, che colla pazienza e le finitezze dell’arte che sembra professasse. È bacchico l’uso a cui il vaso serviva, ed è opera che s’assomiglia a quelle del finire del primo secolo dell’impero.
Fra le due prime cordelline dalle quali il collo si leva verso la bocca, leggesi la epigrafe MEM . FVRIAE . ASCLEPIADIS. intagliata in lettere di doppia asta, la qual dichiara, essere il vaso una memoria della liberta Furia Asclepiade. Il MEM. equivale al MEMORIA, che Catullo con greco vocabolo appellò mnemosynon. L’interpretare il MEM. per MEMMIAE parmi cosa non verisimile in una semplice liberta. Se fosse vero che Furia avesse fatto incidere questa leggenda quando sperimentava il benefizio delle acque, allora il MEM. avrebbe la forza del pignus, onde lo terrei in conto di testimonianza di gratitudine donata alla divinità delle terme stesse. Ma quando fosse l’iscrizione intagliata altrove, come a me pare più probabile, per non esservi in essa menzione alcuna della divinità, direi che la persona a cui Furia avea fatto dono di questa sua memoria, la portasse seco alle terme, e in mancanza d’altro dono, questa tributasse alla divinità, con un nome che non era certamente il suo.
2., 2. a. Tazza d’argento d’un solo terzo maggiore di quel che è nel disegno. Rotondo è il piede e lavorato al tornio, rotondo il collo e la bocca, ma quasi quadrato ha il corpo in tal guisa, che dolcemente s’incurva in luogo di piegarsi reciso ad angolo retto. In mezzo poi alle quattro faccie, la tazza rientra in quattro seni di forma perfettamente ovale, ne’ quali le dita di chi la prende e alle labbra l’avvicina, comodamente alcun poco si addentrano, meglio che se quel ventre fosse cilindrico o convesso.