Pagina:La zecca di scio.djvu/21

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e sia questo stato il mezzo per ottenere la suddetta convenzione.

Lo Zaccaria frattanto per prepararsi a qualunque improvviso attacco, che era prudenza temere per parte dei Greci, subito diede mano a ristaurare e maggiormente alzare le mura della città, onde dopo trascorso il convenuto decennio vedendo l’imperatore come le difficoltà per impadronirsi di Scio erano di molto cresciute, mosso dalle preghiere secondo gli storici bizantini, ma con maggior probabilità dai doni degli ambasciatori che il genovese avevagli mandato, gliene prolungò il possesso per altri cinque anni, e indi per un nuovo quinquennio ancora. Secondo il Cantacuzeno 1 prima che quest’ultimo periodo scadesse, mancato ai vivi Benedetto, i suoi figliuoli Martino e Benedetto II, senza aspettarne il termine, ne domandarono il proseguimento per altri cinque anni, ma Andronico, chiamati i fratelli a Costantinopoli, li invitò a rinunziare al possesso dell’isola, oppure a tenerla con ben altri patti.

Invece di aderire all’invito imperiale Martino si preparò alla difesa, ma Benedetto, il quale era con lui in lite per seimila bisanti d’oro che pretendeva essergli dovuti sull’eredità paterna, recossi dall’imperatore implorando giustizia contro il fratello. Questa con tutta facilità gli venne da Andronico promessa, purché in tutto al suo volere si sottomettesse, al che avendo egli accondisceso, presto se ne videro le tristi conseguenze, poiché essendosi presentata avanti Scio la flotta greca forte di 105 vele, Benedetto, che trovavasi alla custodia del castello, subito lo consegnò al nemico; onde Martino, vista la impossibilità di potersi difendere pel tradimento del fratello, offerse di trattare; ma ciò essendogli stato negato, uscito dalla città si arrese coi suoi agli imperiali, che lo ritennero prigione, lasciando andare libera con quanto di prezioso potè seco portare la moglie coi figli e le serve; e ciò avvenne nell’anno 1329.

L’imperatore offerse poi a Benedetto la prefettura dell’isola colla metà delle sue entrate, le quali ammontavano a circa cento ventimila bisanti d’oro, ma non volendo egli accettare tale

  1. Cantacuzenus, ut supra.