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122 | capo v. |
contro di lui Aristofane, poi indusse anche Melito a porgli una querela d’irreligione, e di corruzione di giovani. Melito adunque lo accusò; Poliento, al dire di Favorino nella Varia istoria, trattò la causa; compose l’aringa, secondo Ermippo, il solista Policrate, o, secondo altri, Anito; e tutto preparò Licone il demagogo. Antistene nelle Successioni dei filosofi e Platone nell’Apologia dicono, tre averlo accusato, Anito, Licone e Melito: Anito per istigazione degli operai e dei magistrati; Licone degli oratori; Melito dei poeti; i quali tutti Socrate avea posti in ridicolo. E Favorino nel primo dei Commentarii afferma, non essere vera l’aringa di Policrate contro Socrate; poichè in essa, dice, si fa memoria delle mura rialzate da Conone; la qual cosa avvenne il sesto anno dopo la morte di Socrate. E cosi è la cosa.
XIX. Il giuramento dell’accusa era in questo modo: (che di presente, dice Favorino, pur si conserva nel Metroo) melito di melito afferma e giura queste cose a socrate di sofronisco alopecense: socrate commette delitto non riconoscendo gli dei che la città riconosce, e introducendo altri nuovi dèmoni; commette anche delitto corrompendo i giovani. — pena la morte.
XX. Il filosofo però avendo veduto una difesa che Lisia avea composta per lui, disse: L’orazione, o Lisia, è certamente bella, ma non è il caso mio. Chè per vero era più forense che filosofica. E soggiugnendo Lisia: per qual motivo, se l’orazione è bella, non può convenirti? riprese: E non vi potrebbero essere belle