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Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1842, I.djvu/154

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socrate. 123

vesti e calzari che mi sconvenissero? — Racconta Giusto tiberiese, nello Stemmate, che mentre lo si giudicava, Platone salì sulla bigoncia e disse: Cittadini ateniesi, send’io il più giovine di quelli che sono ascesi in bigoncia . . . . i giudici gridarono, che sono discesi, cioè discendi.

XXI. Fu adunque condannato con dugent’ottant’un voto di più di quelli che lo assolvevano. E deliberandosi dai giudici s’egli dovesse portar la pena o pagare, disse, che avrebbe pagato venticinque dramme. Eubolide per altro afferma che ne abbia assentite cento. E perchè i giudici ne facevano romore: Ebbene, soggiunse, in grazia di ciò che ho fatto m’infliggo la pena di essere spesato del pubblico nel Pritaneo. — E quelli sentenziarono la sua morte, coll’aggiunta di altri ottanta voti; ed egli incatenato dopo non molti giorni bebbe la cicuta, assai cose belle ed utili ragionando, le quali da Platone si raccontano nel Fedone.

XXII. Scrisse, secondo alcuni un Peana, il princi- pio del quale è:

     Oh delio Apollo, oh Artemide, salvate.
     Garzoni illustri,

Ma Dionisodoro afferma che il Peana non era suo. Verseggiò anche, senza molto successo, una favola esopiana, che incomincia:

     Disse una volta Esopo ai reggitori
     Della città corintia: di virtude
     Giudice il senno popolar non sia.