Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1842, I.djvu/239

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206 annotazioni.

done in altri lontano, e massime non riconoscendo un fine generale di lotta la vita, e non ammettendo che un fine particolare per ciascuna azione, cioè il piacere che ne può derivare. Più; ei non rinveniva il piacere nella cessazione del male, che tale è lo stato di morte, ma cercava qualche cosa di positivo nel piacere. — Clem. Ales. Strom.

[testo greco] Altra prova, osserva il Ritter, delle modificazioni portate alla dottrina cirenaica. Anniceride non credeva che la ragione bastasse a rendere l’uomo fermo e superiore alla opinione del volgo; ma voleva si distruggessero le prave disposizioni dello spirito. Inclinazione evidente a prendere più in grande dei Cirenaici la vita dell’uomo. Anniceride, sembra avere opposto i godimenti intellettuali alle idee egoistiche di Teodoro e di Egesia.

XI. Teodorei. — „Se nell’amore de’ Cirenaici per l’indipendenza già si scorge una inclinazione a staccare l’uomo dall’uomo, a farne un individuo, ben più si manifesta nella dottrina di Teodoro. Sembra avere egli vissuto in Egitto e a Cirene al tempo dei primi successori di Alessandro Magno, ma nessuna circostanza di sua vita è certa. Altri lo dice scolaro di Aristippo il giovine, altri di Anniceride. Alla setta ch’ei fondò appartenne anche Evemero l’ateo.“ Ritter.

XIII. Il sapiente potere commetter furto ecc. — Teodoro lagnavasi, al dire di Plutarco, che la sua dottrina fosse male intesa; e forze è questa una di quelle false interpretazioni di cui si duole; dacchè tiensi ch’e’ pure riguardasse la giustizia come un bene. Non è inverisimile, osserva Ritter, che si credesse avere esso voluto condurre ad azioni ingiuste, mentre in vece non affermava puramente e semplicemente che l’indifferenza di tutte le azioni.