Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1842, I.djvu/329

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rale del mondo. — Ecco gli animali celesti, creati colle nature degli altri animali.

Numi ignei. — I corpi celesti, enti vivi, sono tutti anche più perfetti di altri, i quali non hanno che un movimento irregolare. Quindi è che Platone li chiama enti divini, e celesti famiglie di iddii; o, per meglio sceverarli dal Dio eterno, dei sensibili e contingenti; e forma il loro corpo precipuamente di fuoco, perchè siano risplendenti e belli al possibile e dà ad essi, forma rotonda, e simile a quella del tutto. E siccome sono stati così meravigliosamente incatenati e, formati da Dio stesso, essi hanno anche ricevuto una specie di immortalità, perchè non sono soggetti a dissoluzione e non conoscono la morte; di modo che possono essere chiamati immortali. — Ritter.

Tre generi, volatile, acquatico, terrestre. — Nati gli dei immortali, altri enti mortali venir dovettero a vita. Sono essi di tre specie, secondo ch’e’ vivono sulla terra, nell’acqua o nell’aria; mentre il corpo degli dei contingenti è generalmente formato di fuoco. V’ha dunque una divisione per gli enti vivi, secondo i quattro elementi. La ragione, per la quale le tre specie di animali mortali dovettero essere formate, consiste in questo, che quattro generi di enti vivi sono nell’idea dell’ente vivo in generale, e che il mondo sarebbe imperfetto se tutti i generi di enti vivi non dovessero essere in lui contenuti.

La terra più antica degli Dei. — Platone non dice nulla per difinire se la terra, non altrimenti che i pianeti e le stelle fisse, debbasi riguardare come un ente animalo e come un dio contingente; ciò che parrebbe quasi, considerando il luogo assegnatole fra gli altri dei contingenti, e il posto d’onore che occupa la terra stessa, nel centro del mondo, a norma della precedenza dovutale, per la sua primogenitura in