Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1842, I.djvu/444

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udite le grida, uscì dalle coltri e urne in iscompiglio la maggior parte; che da ultimo poi tutto si scoperse, e fu veduto Eraclide non quale si credette, ma quale era“. — Ed è nostro un epigramma sovra di lui cbe è così:

     Fama volesti, o Eraclide, lasciare
        Tra gli uomin, ch’eri, nel morire, un vivo
        Serpente divenuto; e pure, scaltro,
        T’ingannasti, chè fiera era il serpente,
        E tu fiera convinto e non serpente.

Questo racconta anche Ippobolo. Ma Ermippo dice che assalito da fame il paese, gli Eracleoti, interpellarono la Pitia per esserne liberati, cbe Eraclide corruppe con danari e i teori e la Pitia perchè annunziassero pubblicamente che sarebbero liberati dai mali se Eraclide di Eutifrone, fosse da essi, vivente, con una corona d’oro incoronato, morto, onorato come eroe; che di fatto l’oracolo fu recato, ma che di nulla profittò a coloro che ne furono gli inventori, poichè sul punto istesso che in teatro s’incoronava, Eraclide fu collo d’apoplessia e i teori morirono lapidati. Anzi all’ora medesima, scesa la Pitia nell’adito, e appena presentatasi, punta da uno dei serpenti, incontanente spirò — Tali sono le cose riguardanti la morte di lui.

VII. Afferma il musico Aristosseno ch’e’ compose anche delle tragedie e quelle attribuì a Tespide. E Cameleonte dice che gli rubò ciò ch’esso avea scritto di Esiodo e di Omero. E lo biasima del pari Autodoro