Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1845, II.djvu/181

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alle quistioni della filosofia; oppone un argine alla sregolatezza de’ tempi in cui le società andavano sciogliendosi; viene a’ conforto della libertà e della gloria che si erano smarrite. Però questa setta si collega alla vita, la qual cosa non fecero nè la platonica nè l’aristotelica, troppo elevate pel popolo. Lo stoicismo combatte pel giusto, pel dritto contro i danni dell’errore; e la sua rigidezza è figlia dell’aver esso dovuto azzuffarsi col pirronismo e l’epicureismo, le cui dottrine erano snervatrici della mente e dell’animo. Opera conformemente alla natura; ecco la sentenza che testimonia della semplicità, della moderatezza de’ suoi principi, tendenti a frenare, non ad estinguere, le passioni; non a creare una scuola, ma una nazione d'uomini virtuosi. — Tra i sistemi della greca filosofia questo di preferenza adottarono i Romani. Era il solo sistema che potesse ritardare la caduta della libertà; rialzare gli animi dalla molle tirannia di Augusto. I più celebri giureconsulti romani l’avevano professato; furono suoi seguaci Scipione, Lelio, Bruto, Catone; e Tacito ne annovera una lunga serie di martiri, le virtù de’ quali sono malleveria della bontà di una setta, a danno di cui Augusto favorì l’academica e l’epicurea, gli effetti delle quali non avversano l’assoluto potere. Lo stoicismo romano, osserva un illustre francese, si potrebbe stimare un’ostentazione, se non avessimo riguardo al carattere di que’ conquistatori del mondo. Modificato col tempo comminerò altri seguaci illustri in Epiteto, Seneca, M. Antonino. Gli Stoici successivi si sequestrarono dagli antichi, in particolare pel domma dell’immortalità dell’anima, del quale per altro Seneca non era convinto, sebbene gli paresse una credenza consolatrice nelle sventure. La speranza di un avvenire felice pareva ad esso un sogno da considerarsi almeno come un bel sogno. — Alle dottrine stoiche non mancarono più tardi seguaci. Moderna-