Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1845, II.djvu/198

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annotazioni 181


CAPO II.


Aristone.


II. Toglieva di mezzo il luogo fisico e il logico. — Nè sopprimerà solo tutte l’altre parti della filosofia, eccetto la morale, ma la stessa morale impiccioliva, non volendo ch’ella trattasse dei doveri particolari e delle esortazioni al bene, cose da nutrici e da pedagoghi, la filosofia dovendo far vedere soltanto in che consista il sommo bene, dal quale deriva ogni conoscenza a noi necessaria. Pare quindi che la scuola stoica non fosse da principio gran fatto d’accordo con sè stessa. Atenodoro disapprovava molte cose nelle opere del suo maestro e de’ suoi condiscepoli. Aristone ed Erillo si allontanavano da Zenone, fondando scuole particolari. — Aristone spiacque eziandio al maestro, perchè a’ ragionamenti aspri e stringati preferiva il parlar dolce, copioso, che gli procacciò il soprannome di Sirena. Pari alle parole ebbe i costumi. Amò la voluttà; e abbandonata la scuola, si fece capo di altra setta, e si stabilì nel Cinosarge, lo che indicava qualche ravvicinamento alle dottrine ciniche.

IV. Nè introdusse molte virtù ec. — Forse potevasi interpretare meglio: Nè introdusse molte virtù ec., ma bensì il come governarsi nelle circostanze, essendo per gli Stoici virtù l’assecondare la natura. — „Egli non ammetteva che una sola virtù, la salute dell’anima.“ Plutarco. Ciò non s’accorda, dice Ritter, con quello ch’altri riferiscono, cioè, ch’egli considerasse la virtù come la scienza del bene e del male. Pure, secondo Ritter, queste due opinioni potevano sussistere l’una accanto dell’altra.

VI. Osservando un toro che aveva una matrice mostruosa. — „Dall’avere quel toro mostruoso la matrice, che si ha per pro-