Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1845, II.djvu/216

Da Wikisource.

pitagora. 197

Fuggire l’eccesso della pinguedine. — Ne’ viaggi riposarsi e sforzarsi. — Esercitare la memoria. — Nell’ira nè parlare nè fare. — Non onorare ogni divinazione. — Usare canzoni sulla lira, e coll’inno rendere debitamente grazie agli dei ed agli uomini virtuosi. — Proibiva di mangiar fave, perchè essendo piene di vento, più s’accostano a ciò ch’è animato (e d’altra parte, non usandone, i ventri operano più regolarmente); e per ciò anco ne’ sogni si effettuano visioni lievi e placide. — Alessandro, nelle Successioni dei filosofi, dice di aver rinvenuto ne’ commentarj de’ Pitagorici anche queste cose: Principio di tutto essere l’unità; da essa la dualità infinita, come materia soggetta a quella unità ch’è cagione; e dalla unità e dalla dualità infinita i numeri; dai numeri i punti, da questi le linee, dalle linee le figure piane, e dalle figure piane le solide, e da queste i corpi sensibili, gli elementi dei quali essere quattro, fuoco, acqua, terra, aria; e tramutarsi e volgersi per tutto, e da essi generarsi il mondo animato, intelligente, simile ad una sfera, avente nel mezzo la terra, sferica anch’essa e all’intorno abitata; ed esservi gli antipodi, a cui ciò che per noi è sotto per essi è sopra; ed in egual misura trovarsi nel mondo luce e tenebre, caldo e freddo, secco ed umido; dei quali, prevalendo il caldo, nascere la state; il freddo, l’inverno; il secco, la primavera; l’umido, l’autunno. Se sono in parti eguali, bellissimi essere i tempi dell’anno; di cui salubre la primavera, che verdeggia, malsano l’autunno, che appassisce. Anche del giorno verdeggiare l’aurora, appassire la sera, quindi essere più malsana. L’aria che è intorno alla