Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1845, II.djvu/225

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206 capo primo

     Ma quante volte una cosa sia stata
     Salata, lessa ed arrostita, allora
     La mangiamo senz’anima anche noi!


Altro:

   Fu, Pitagora, tale un sapiente
      Da non toccare a carni e d’affermare
      Ch’era peccato, e poi nutrirne altrui.
      Ammiro il sapiente! Esso insegnava
      Di non essere ingiusti, e il fu cogli altri.


Anche un altro:

   Se v’ha talun che riconoscer voglia
      La mente di Pitagora, contempli
      Dello scudo d’Euforbo l’ombelico;
      Perch’e’ dice: Quest’uomo io prima fui,
      E, ripete, quant’io non era, certo
      Era desso, non era quant’io era.


E un altro come morì:

   Ahi, ahi, perchè Pitagora cotanta
      Ebbe venerazione per le fave?
      Che misto a’ suoi discepoli moria.
      V’era un campo di fave; e perchè queste
      Calpestate non fossero, in un trivio
      Fu dagli Agrigentini trucidato.

XXIV. Fiorì nell’Olimpiade sessagesima, e la sua