per le matematiche. Essi cominciavano dallo studiare questa scienza e dal considerare i numeri come principii dell’essenza matematica. E però possiamo riguardare i numeri de’ Pitagorici come uno di quei mezzi di rappresentazioni d’idee, dei quali usavano a preferenza, anche a costo d’impiegare un gran numero di paragoni torti e prove difettose onde confermare le loro opinioni. Per puntellare le loro speculazioni, osserva Aristotele, avevano stabilite molte rassomiglianze tra i numeri e le cose; e dove i due termini non coincidessero, aggiungevano qua e colà alla realtà. Per rendere verisimile la loro dottrina, che i numeri sono tutto, facevano osservare come molti fenomeni succedono secondo rapporti numerici, per mezzo di supposizioni arbitrarie. — Notisi che nelle formule pitagoriche ora è detto che i numeri sono i principii delle cose, ora che è il numero o l’essenza del numero. — Il numero, secondo i Pitagorici, è di due maniere, pari e dispari. Dicevano eziandio che l’uno è il pari e il dispari, lo che ci guida a dedurre che l’unità è semplicemente l’essenza del numero, o il numero preso assolutamente. Come tale, l’unità è anche il principio di tutti i numeri, e quindi è chiamata l’uno primo, non potendosi nulla di più dire sulla origine sua. In questo senso, ciò null’altro significa se non che tutto deriva dall’uno primitivo, dall’essere uno ch’essi appellano anche dio. — Un’altra specie di dottrina trovava l’essenza del numero nella decade. Se l’unità, dicevano, è principio della moltiplicità, ogni numero è fondato sulla decade, e però l’unità e la decade erano riguardate come il simbolo del principio di tutte le cose. La decade comprendeva ogni numero, ogni natura, quella del pari e del dispari, quella del movimento e del riposo, del bene e del male, ec. — Non meno fecondi sull’essenza del numero erano i Pitagorici nel simbolo della tetrade, che è,