Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1845, II.djvu/406

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epicuro. 379

qualche luogo all’altro. Avvi poi una parte anche di essi che ha provato molti cangiamenti per la tenuità delle parti e che meglio s’accorda per questo colla restante aggregazione. Ciò tutto appalesano le potenze dell’anima e le passioni e i facili moti e i pensieri e le cose delle quali privati muojamo. E anche bisogna tenere che l’anima ha dal senso la principal cagione. Tuttavolta e’ non l’avrebbe ricevuta se dal restante aggregamento non fosse in qualche modo afforzata: il restante aggregamento poi quando ad essa procaccia questa cagione, si fa da lei partecipe anch’esso di tale accidente, non però di tutto ciò ch’ella possiede. Quindi allo allontanarsi dell’anima non ha più senso: poichè e’ non possedeva in sè stesso questa forza, ma gliela procacciava un’altra cosa ch’era insieme con esso, la quale a mezzo della forza compita ch’è in lei formando tostamente in sè stessa, per virtù del moto, il sensibile accidente, anche a questo, com’è detto, per vicinanza e simpatia lo comunicava. Il perchè esistendo l’anima, non mai, da qual siasi parte allontanata, sarà priva di sensazione se tuttavolta persiste l’acume del senso, ma anch’essa perirà, sciolto ciò che la copriva, sia tutto, sia qualche parte. Il restante aggregamento durando e in totale ed in parte, non ha, rimossa quella, la sensazione, che che sia la quantità degli atomi tendente verso la natura dell’anima. Ma però sciolto il totale aggregamento, l’anima è dispersa e non ha più le stesse forze, nè si muove, per modo che neppure ha senso. Poichè non si può