Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1845, II.djvu/408

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epicuro. 381

senso stesso conosciute, per sè medesime sostanze; poichè ciò non è concepibile, nè che non siano affatto, nè che sieno qualch’altra cosa incorporea ad esso data di sopra più, o parte di esso, ma universalmente l’intero corpo, che da tutti quelli ha la propria eterna natura; non per altro cosi da esserne composto, come quando da essi corpuscoli si costituisca un aggregato maggiore, sia dai primi, sia dalle grandezze dell’universo, e da alcuno dei minori, ma solo, come dico, da tutti questi, avendo la sua essenza eterna. E tutte queste cose hanno intuiti proprj e percezioni, conseguenti però dal complesso, e in nessuna parte divisi, ma traendo qualità dalla subita intelligenza del corpo. Più, anche a’ corpi accade spesso di essere accompagnati da qualche cosa non sempiterna, nè fra gli invisibili, nè incorporea. Come certo, col maggior movimento, per usar questo nome, faciam manifesto gli accidenti nè avere la natura dell’universale, che preso in complesso appelliamo corpo, nè quella delle cose perpetue che la accompagnano, senza le quali non possiamo pensare un corpo: per intuito poi ciascuna potrebbesi nominare alcun che di accompagnante l’aggregamento, ma quando si osservano i singoli attributi, non seguaci dei sempiterni accidenti. E quest’evidenza non va esclusa dall’esistente, che non ha la natura dell’universo contingente, la quale certo chiamiamo corpo, nè quella dei sempiterni seguaci, nè s’ha da stimare al contrario sussistere da sè: poichè ciò non debbesi intendere nè circa a questi, nè circa a contingenti sem-