Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1845, II.djvu/415

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ghiera, e serbiamo una dolce speranza che avendo finito di scrivere le restanti tutte, questi ragionamenti che ci richiedi a molti altri saranno per essere utili, e massime a coloro che novellamente avranno gustato il vero studio della natura, ed a quelli che sono implicati in qualche più grave occupazione ordinaria. Questi medita come conviene, e avendoli nella memoria percorrili accuratamente cogli altri che in una breve epitome abbiamo mandato ad Erodoto. — Primamente adunque dobbiamo stimare non esservi alcun altro fine nella conoscenza delle cose celesti, sia considerate nella loro unione, sia in modo assoluto, fuor quello della tranquillità e di una ferma credenza, come in tutto il resto nè far violenza all’impossibile, nè speculare in ogni cosa conformemente sia ai ragionamenti per noi dettati intorno al modo di vivere, sia a quelli intorno alla spiegazione dell’altre naturali quistioni, come, che l’universo è corpo e natura impalpabile, o che indivisibili sono gli elementi e tutte quante le sì fatte cose che hanno sola concordanza con ciò che si vede, lo che non avviene delle celesti; le quali anzi svariata hanno e la causa della generazione, e la qualità della sostanza accordantesi coi sensi. Poichè la natura non va studiata secondo vani assiomi o sanzione di leggi, ma come ne invitano le cose visibili, non avendo mestieri la vita nostra di pazzi ragionamenti e di vuota gloria, ma del vivere noi senza inquietudiui. Tutto dunque si fa stabilmente in tutte le cose se in diversa maniera si spiega di concordia a ciò che apparisce, purchè ciascuno conve-