Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1845, II.djvu/443

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416 epicuro.

avviene anche fra quanti popoli non hanno potuto o voluto fare convenzioni di non danneggiare o di non essere danneggiati.

XXXV. Non era la giustizia per sè stessa; ma nelle vicendevoli unioni, in qualunque luogo sempre qualche patto si fece sul conto del non danneggiare o del non essere danneggiato.

XXXVI. L’ingiustizia per sè non è un male, ma è un male che consiste nel timore, pel dubbio che non sia celata a coloro che di queste cose sono costituiti punitori.

XXXVII. Non è da credere che si possa celare chi secretamente fa alcuna cosa contro quello che a vicenda si è costituito per non danneggiare nè essere danneggiati, quand’anche dieci mila volte si ascondesse per il presente; poichè sino alla morte è incerto se tuttavia si nasconderà.

XXXVIII. Comunemente a tutti il giusto è il medesimo, essendo di qualche utilità nella vicendevole comunanza; ma secondo il particolare, del paese e di cagioni qualsieno, non segue che per tutti v'abbia lo stesso giusto.

XXXIX. Ciò che negli usi della reciproca comunanza si attesta giovevole tra le cose stimate giuste, ha la natura del giusto, sia per tutti lo stesso o non lo stesso.

XL. Qualora alcuna cosa si stabilisca per legge, ma non riesca all’utile della vicendevole comunanza, ciò più non ha la natura del giusto. Che se accaggia invece l’utile secondo il giusto, ma per alcun tempo sia congruente all’anticipazione, ciò nullameno per quel tempo