Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1845, II.djvu/72

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nuovo, e di una tavoletta nuova ec., veniva a dire in pari tempo che ci voleva un libretto e cervello, uno stilo e cervello, una tavoletta e cervello.

Perchè gli scaccio con verga d’argento. — Il Casaubono trova ragionevole la negativa; il Lessing pensa che si possa farne senza. Crede egli che Antistene altro non voglia dire se non che: perch’io gli caccio col bastone. Ch’egli osasse far ciò vedesi nella vita di Diogene il cinico; e che forse per giuoco abbia voluto assomigliare il proprio bastone alla verga di Mercurio. — Salvini dice che alludeva a voler molta provvisione per insegnare. — Fatto sta che la sua scuola era poco frequentata, a tale che licenziò il piccol numero di scolari che aveva, meno Diogene, che restò con lui sino alla sua morte.

Disparare il male. — Tendenza negativa della scuola d’Antistene. Voleva costui ridurre, secondo Ritter, l’uom morale, il sapiente, a sè solo, rompendo ogni legame naturale che lo unisce cogli altri. Voleva fare dell’uomo un tutto che si bastasse a sè proprio, e quindi la sua dottrina dovea essere, quantunque in un altro senso, altrettanto egoistica che quella dei Cirenaici. — Diogene il cinico dice chiaramente non essere la sua filosofia che un mezzo più sicuro degli ordinarj per giugnere al piacere. — I Cinici volevano il savio non soggetto alle influenze esterne, e per questa ragione Antistene non trovava nell’amore dei congiunti alcun elemento morale, e nel matrimonio altro fine che la procreazione dell’umana specie. Quindi quella mancanza di ogni pudore, nemica di tutte le convenienze; quindi anche l’orgoglio di questi sapienti ebbri della libertà e dell’indipendenza morale.

Cagione del bando di Anito e della morte di Melito. — Questo fatto si pone in dubbio dal Barthèlemy.

V. E potrebbe anco innamorarsi. — L’esempio di Socrate o un’indole socievole lo rendevano, non avverso ai legami del-