Pagina:Landi - Vita di Esopo, 1805.djvu/11

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DI ESOPO 7

sità a casa venuto, parve ad Agatopo avere buona occasione poter di quei fichi saziarsi senza averne alcuna riprensione, e castigo del Padrone, e perciò con un suo compagno, e con lui servitore, consigliandosi disse: E che ti pare fratello di questi bei fichi; uno ne ho gustato, che a miei giorni non sò avere la più soave cosa mangiata, mangiamoli, e se il Padrone gli ricercherà, noi diremo, che Esopo nascosamente gli ha mangiati, il che averà molto del verisimile, perciocchè egli or ora in casa è venuto. Nè pottassi questa bugia riprovare, perchè egli è solo, e noi siamo due, ed egli non sa, nè può parlare, e noi ben bene cicalando di parole vinceiremo, e però al sicuro possiamo mangiarli. Peacque al compagno il partito, ed all’esecuzione di così dolce impresa, ambidue ingordamente a rettaronsi; onde essi i fichi divorando, e con molta risa dicevano. O come son buoni, non se boccherà già a questa fiata il Padrone, che mai non ci dà altro, che pane ben cattivo e pura acqua a bere, avvenga, che qualche volta quali che osso spolpato come a cani ci lanci. Ora noi anco, mangiamo del buono, se sia poi alle spese del galante Esopo. O povero te, o sventurato quante busse averai, e pur noi averemo i fichi mangiati. Così va il Mondo, che altri godano, e non importa come noi, ed altri hanno il mal anno, e la mala ventura. A tua posta Esopo, votiamo pure il cesto, poichè abbiamo cominciato, è bene l’opera finire. Così in parole dicendo abbondavano le risa.


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