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DE PARADOSSI. 46

CHE MALA COSA NON

sia l'esser ferito et battuto.

PARADOSSO. XVII.

On so veramente donde si nasca che noi habbiamo e corpi nostri, si teneri et dilicati, et gli animi poi assai piu che diaspro duri, et piu che pietra insensibili, ne vego in alcun modo per che siano da temere tanto le stoccate, conciosia, che le corazze passar possino, ma non gia gli animi forti offendere, o molestare et niuno sia mai se non da se stesso veramente offeso. In vero, quelle sono le percosse che fortemente dogliono, et acerbamente gli animi nostri tormentano. Ridomi adunque io meritamente spesse fiate di alcuni, li quali si maravigliano et dolorosamente piangono, se l'amico, o il parente loro, per molte ferite muoia, ne avertiscono, che una sola sia la mortale, percioche non possono cadere in un corpo molte piaghe mortali, se una ve n'e, sara di necessita che l'altre siano o leggieri o almeno non sieno cagion di morte. Ventitre ferite hebbe Cesare, ma sol una vene fu cagione ch'egli i suoi giorni terminasse, ma Dio volesse che a molti, insieme, con e membri debilitati et mozzi fusse anchora indebilita la superbia, et refredato l'orgoglio. Canta il Pro/