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CINO DA PISTOIA



LXXII


     O giorno di tristizia e pien di danno,
O ora e punto reo ch’io nato fui
E venni al mondo per dare ad altrui
Di pene essempio d’amore e d’affanno!
     Se le pene che l’alme in lo ’nferno hanno5
Fossero un corpo il qual venisse pui
Nel mondo, già non si vedriano in lui
Cotante pene quante in me si stanno.
     Tu solo, Amor, m’hai messo in tale stato,
E di me fatto hai fonte di martìri,10
Di malignanza e di tristizia loco;
     E mi fai dimorar in ghiaccio e ’n foco,
E di pianto e d’angoscia e di sospiri
Pasci il mio cor dolente disperato.




LXXIII


     — Uomo smarrito che pensoso vai,
Che hai tu, che tu sei così dolente?
Che vai tu ragionando con la mente,
Traendone sospiri spesso e guai?
     E’ non pare che tu sentissi mai5
Di ben alcun che il core in vita sente,
Anzi par che tu muori duramente
Negli atti e ne’ sembianti che tu fai.
     Se tu non ti conforti, tu cadrai
In disperanza sì malvagiamente.10
Che questo mondo e l’altro perderai.
     Deh vuoi tu morir così vilmente?
Chiama pietate, chè tu camperai. —
Questo mi dice la pietosa gente.




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