Pagina:Le Rime di Cino da Pistoia.djvu/305

Da Wikisource.

RIME

XVI


     L’oscure fami e i pelaghi tirreni
E’ pigri stagni e li fiumi correnti,
Mille coltella e gl’incendi cocenti
4Le travi e’ lacci e infiniti veneni,
     L’orribil rupi e massi e boschi pieni
Di crude fere e di malvagie genti,
Vegnon chiamate da sospir dolenti,
8E mille modi da morire osceni.
     E par ciascun mi dica — Vienne, ch’io
Son per iscaprestarti in un momento
11Da quel dolor nel quale Amor t’invischia. —
     Ond’io a molti in contro col desìo
Tal’or mi fo, com’uom che n’ho talento;
14Ma poi la vita trista non s’arrischia.




XVII


     Le parole soavi e ’l dolce riso,
La treccia d’oro che ’l cor m’ha legato
E messo nelle man che m’hanno ucciso
4Già mille volte e ’n vita ritornato,
     Di nuovo m’hanno sì ’l petto infiammato,
Che tutto ’l mio desire al vago viso
Rivolto s’è, ed altro non m’è grato
8Che di vederlo e di mirarlo fiso.
     In quel mi par veder quant’allegrezza
Che fa beati gli occhi de’ mortali
11Che si fan degni d’eterna salute:
     In quel risplende chiara la bellezza
Che ’l cielo adorna e che m’impenna l’ali
14All’alto vol con penne di virtute.




— 299 —