Pagina:Le Rime di Cino da Pistoia.djvu/38

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GIOSUE CARDUCCI

principe allora non essere sperto ad intonare su la viola canzone o ballata o a comporre un sonetto. Buffonerie gentilesche delle corti di tutti i tempi. E da quando l’imperator Barbarossa recò sul leuto provenzale quella mano che s’era alzata ad ordinare si spargesse il sale ove era Milano; da quando l’imperatore Federigo II scrisse canzoni d’amore, la cui galanteria non dovrebbe far dimenticare lo strazio bestiale da lui fatto dei cittadini di Corneto e dei prigionieri fiorentini e le sue turpi libidini; fu il compor versi cortesia cavalleresca dei signori d’Italia, massime ghibellini. Per non uscire del secolo XIV, ne compose di politici Can della Scala, di morali Bruzzi Visconti bastardo di Luchino, e di famigliarmente satirici Castruccio. E ne compose questo sciagurato Arrigo figliuolo del signore di Lucca. Pietoso contrasto fra il lamento scorato del figliuolo su la fortuna sua e l’arroganza ingiuriosa del padre che risponde per le rime a un feudatario forse suo inimico! Arrigo spodestato dall’ingrato Bavaro della signoria paterna, riuscitegli a male le prove per riassoggettarsi Pisa e Pistoia e Lucca, si ridusse a militare allo stipendio altrui. Il sonetto che di lui noto noi riportiamo, e nel quale pare si dolga che Luchino Visconti mal lo rimeritasse o non ne facesse conto, è scritto quando nel 1344 osteggiava i Pisani con le genti di Luchino tra la Valdera e la Maremma. Indi a poco morì per la corruzione nata del caldo soverchio e del disagio.1 Sedici anni avanti, Galeazzo Visconti, fratel di Luchino, spodestato pure dal Bavaro, era morto per la stessa cagione e nelle stesse condizioni, seguitando Castruccio all’assedio di Pistoia.

  1. G. Villani: Cronica, XII, 28.

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