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CINO DA PISTOIA



XXXV


  Quand’io pur veggio che se ’n vola ’l sole
Et apparisce l’ombra,
Per cui non spero più la dolce vista,
Nè ricevuto ha l’alma, come suole,
5Quel raggio che la sgombra
D’ogni martìro che lontano acquista;
Tanto forte s’attrista e si travaglia
La mente ove si chiude il bel desìo,
Che l’ardente cor mio
10Piangendo ha di sospiri una battaglia,
Che comincia la sera
E dura in sino alla seconda sfera.
   Allor ch’io mi ritorno alla speranza
Et il desìo si leva
15Col giorno che riscuote lo mio core;
Mi muovo e cerco di trovar pietanza,
Tanto ched io riceva
Dagli occhi il don che fa contento Amore,
Ch’egli ha già, per dolore e per gravezza
20Del perduto veder, più avanti morti.
Dunque ch’io mi conforti
Sol con la vista e prendane allegrezza
Sovente in questo stato,
Non mi par esser con ragion biasmato.
   25Amor, con quel principio onde si cria,
Sempre ’l desìo conduce;
E quel per gli occhi innamorati vene:
Per lor si porge quella fede in pria
Dall’una all’altra luce,
30Che nel cor passa e poi diventa spene:
Di tutto questo ben son gli occhi scorta.
Chi gli occhi, quando amanza dentro è chiuøa,
Riguardando non usa,
Fa come quei che dentro arde e la porta
35Contro al soccorso chiude:
Debbesi usar degli occhi la vertude.


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