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ROMANE 3

aggeres del circondario anteriore. Per essa entrava l’antica via Collatina. La sua soglia stà al pari del piano moderno più alto 25 palmi dell’antico, su cui posa un’altro avanzo a lei vicino del succennato condotto dell’Acqua Marcia. La riferita iscrizione di Arcadio ed Onorio collocata parimenti sopr’a questa porta, ci fa arguire, ch’ella sia d’Aureliano e risarcita dai detti successori, per le ragioni diffusamente addotte al num. 18 rispetto alla porta chiusa ivi enunziata. La fig. II della Tav. X anzidetta ci dimostra la forma e la pianta di questa porta, comeppure il vicino andamento dello stesso condotto delle Acque Marcia, Tepida, e Giulia, colla pianta della Porta Maggiore, e della chiusa, riferite ai num. 18 e 19. L’andamento poi o sia l’avanzo del condotto medesimo che si vede dentro la detta porta di S. Lorenzo, comprende un magnifico monumento de’ rifacimenti de’ rivi delle predette tre acque, come si dimostra nella Tav. XI di questo Tomo, alla fig. 1, e come apparisce dalle seguenti iscrizioni, che sono sulla facciata del medesimo monumento.

IMP. CAES. DIVI . IVLI . F. AVGVSTVS
PONTIFEX . MAXIMVS . COS. XII
TRIBVNIC. POTESTAT. XIX. IMP. XIII.
RIVOS . AQVARVM . OMNIVM . REFECIT
IMP. CAES. M. AVRELIVS . ANTONINIVS . PIVS . FELIX . AVG. PARTH. MAXIM
BRIT. MAXIMVS . PONTIFEX . MAXIMVS
AQVAM . MARCIAM VARIIS . KASIBVS . IMPEDITAM . PVRGATO . FONTE . EXCIS . ET . PEREGRATIS
MONTIS . RESTITVITA . FORMA . ADQVISITO . ETIAM . PONTE . NOVO . ANTONINIANO
IN . SACRAM . VRBEM . SVAM . PERDVCENDAM . CVRAVIT
IMP. TITVS . CAESAR. DIVI . F. VESPASIANVS . AVG. PONTIF. MAX.
TRIBVNICIAE . POTESTAT. IX. IMP. XV . CENS. COS . VII DESIGN. VIII.
RIVOM . AQVAE . MARCIAE . VETVSTATE DILAPSVM . REFECIT
ET . AQVAM . QVAE . IN . VSV . ESSE . DESIERAT . REDVXIT


Il primo rifacitore, come narra Frontino, fu Agrippa, il quale ne riferì l’onore ad Augusto. Il secondo fu Tito, ed il terzo Caracalla. Questi, tolto via il frontespizio, di cui si veggono peranco i segni, come nell’anzidetta figura, alla lett. C, vi collocò parimente la sua iscrizione, che perciò rimane frammezzo alle due, di Augusto, e di Tito, più antiche, e situate ne’ luoghi indicati colle lett. A, e B. L’avanzo poi del muro contrassegnato colla lett. D al lato destro del detto monumento, appartiene alla derivazione di una parte dell’Acqua Giulia, che per via di opera arcuata andava al castello notato nella topografia generale col num. 230, come dimostro nella riferita tavola topografica degli acquedotti.

24. Barbacane fabbricato a corsi di tufi, calce, e tevolozza. Le mura che quindi sieguono sino al num. 25 sono di diversa maniera di quelle d’Aureliano, onde si può supporre ch’elle sieno uno de’ ristauri de’ mentovati Arcadio ed Onorio.

25 e 26. Si veggono in questo intervallo de’ grandi e confusi rifacimenti, fatti forse per istantaneo riparo alle demolizioni de’ Barbari. Dal num. 26 sino al 27 seguono le costituzioni d’Aureliano.

27. Porta chiusa fatta dal medesimo imperadore, e corrispondente alle due porte, Viminale e Querquetulana del recinto anteriore. La sua soglia sta al piano moderno innalzato in questo luogo 28 palmi sopra l’antico. Ella era aderente anticamente alle mura del Castro di Tiberio inoggi rovinato. Fu chiusa ne’ tempi di Costantino, allorquando ei innalzò le mura delle rovine dello stesso Castro; e in di lei vece furono aperte le due delle quali parleremo qui appresso. Per essa entrava l’antica via Tiburtina, la di cui selciata tuttavia apparisce vicino alla stessa porta, e prosiegue per qualche tratto, benchè sconnessa dai nuovi rialzamenti. La Tavola XXXIX di questo Tomo dimostra la porta, le mura di Costantino, la pianta della primiera forma del Castro, e l’avanzo della detta via.

28 e 29. Sino quasi al num. 30 le mura di Costantino furono abbattute ne’ successivi assedj, e rozzamente rifabbricate da’ Sommi Pontefici poco spazio più in fuori della lor linea anteriore.

30. Angolo curvilineo delle mura di Costantino, con barbacane piantato su’ fondamenti del Castro, come si dimostra nella detta Tav. XXXIX, al num. 7.

31. Porta chiusa fatta da Costantino quasi in mezzo alla fronte del Castro, come si vede nella medesima Tavola al num. 8. La di lei soglia pianta sul piano moderno più alto del piano antico del Castro da trenta palmi in circa. Ella è stata certamente una delle più magnifiche, quantunque costruita di tevolozza. Era ornata di pilastri e d’architrave, i quali ne formavano il grand’arco turato da’ moderni. A’ fianchi de’ pilastri mancanti rimangono tuttavia due ale con alcuni altri risidui dei di lei ornamenti.

32. Altro angolo curvilineo delle mura di Costantino, indicato nella stessa Tavola parimente col num. 7. Questo è situato sopra un residuo di muro del Castro, alto 12 palmi da terra, composto di tevolozza, e guarnito di archi secondo l’uso di que’ tempi. Le mura soprappostegli sono lavorate pulitissimamente, cioè con mattoni triangolari martellinati a similitudine di quelle d’Aureliano, e fortificate di quando in quando da sodi barbacani. Furono di poi innalzate da Belisario colla giunta di nuovi merli (forsech’ell’erano troppo basse e perciò malsicure) coll’incastrarvi eziandio nuove torri e nuovi barbacani: fortificazioni peraltro molto rozze e grossolane. Sotto a’ merli inferiori, cioè a quegli di Costantino si vede un ordine continuato di buchi, dentro dei quali eran piantate altrettante mensole di marmo, come si comprende da qualche loro avanzo. Queste per avventura dovean sostenere un poggio continuo per comodo dei difensori delle mura.

33. Porta chiusa, parimente di Costantino. Dalle vestigia degli ornamenti che le sono stati tolti sembra essere stata simile all’altra qui sopra descritta.

34. Torri di Belisario di forma bizzarra, corroborate con barbacani, che sembrano essere stati imitati nel baloardo incontro la porta di S. Paolo.

35. Avanzo di un’altro angolo curvilineo del Castro, indicato nella detta Tavola parimente col num. 7.

36. Porticella chiusa, la di cui maniera la fa credere de’ tempi di Narsete.

37. Altra porta chiusa.

38. Avanzi di due torri rotonde, fralle quali era parimente altra porta, che sendo stata distrutta, v’è stato tirato da’ Sommi Pontefici un muro uguale dall’una all’altra torre, una delle quali si vede essere stata piantata sul masso di un’antico sepolcro. La stessa porta colla descritta al num. 31, supplivano alla Nomentana del recinto anteriore, loro contrapposta.

39. Porta Pia del tutto moderna, e aperta da’ Sommi Pontefici invece dell’anzidetta.

40. Porta Salaria, così detta dall’antica Via Salaria che passava per la medesima. Ella fu collocata da Aureliano incontro alla Porta Collina del recinto anteriore. Fu danneggiata molto da’ Barbari, e risarcita poscia da Belisario e da Narsete, de’ quali vi si distinguono i ristauri. Il mattonato sopra i di lei stipiti supplisce alla mancanza de’ travertini dell’arco. Le mura dalla Porta Pia sino a questo patirono molte rovine, e furono perciò risarcite più volte, cioè da Arcadio ed Onorio, dagli anzidetti Capitani, e da’ Sommi Pontefici.

41. Torre rotonda, vicino a cui era un’altra porta che da Clemente XI fu investita di nuovo muro, il quale s’innalza sino ad uguagliare il restante delle mura. Di qui sino alla seguente porta Pinciana le mura sono di maniera diversa da quelle d’Aureliano, opera forse di Belisario.

42. Porta Pinciana, ristorata da Costantino, e così detta dalla vicinanza dell’antico palazzo di Pincio senator romano. Ella è costruita di spoglie di altri edifizj, e nel cuneo medio dell’arco ha scolpito il segno della croce. Vi si vedono de’ buchi fattivi da’ Barbari per tor via i perni che tenevano uniti i corsi delle pietre. La di lei soglia sopravanza molto in altezza il più antico piano di Roma; ma ciò non costa al crederla di Aureliano per le ragioni addotte al num. 18 rispetto ai rialzamenti del piano anche ne’ tempi antichi. Per questa porta passava l’antica Via Flaminia, del di cui lastrico si vede tuttavia poco lungi dalla stessa porta un avanzo, il quale si protrae in lungo tratto per le odierne Vigne, de’ Carmelitani Scalzi, de’ Gesuiti, e di S. Bernardo, dove la detta via tirando in obliquo, giungeva al Tevere nel luogo dimostrato nella mentovata Tavola degli aquedotti, e passava per il ponte Milvio segnato nella medesima, e di cui benchè affatto rovinato si vede nondimeno ne’ tempi estivi un avanzo nel Tevere, da me bene osservato e riconosciuto per una delle di lui pile; proseguendo poscia essa via in andamento retto sino alla Torre di Quinto. Gli scrittori moderni suppongono, ch’ella passasse per la porta del Popolo, cognominata da tal supposizione anche Flaminia; e che fosse la medesima che in oggi si protrae sino al Ponte Molle; ma gli scrittori antichi gli convincono di errore. Tacito nel 13 degli annali, raccontando la calunnia inventata da Gratto Liberto contro di Silla, così dice: Pons Milvius in eo tempore celebris nocturnis illecebris erat: ventitabatque illuc Nero, quo solutius Urbem extra lasciviret. Igitur REGREDIENTI PER VIAM FLAMINIAM compositas insidias, fatoque evitatas, quoniam DIVERSO ITINERE SALUSTIANOS IN HORTOS REMEAVERIT, auctoremque ejus Syllam ementitur. Dal che si ricava chiaramente, che gli Orti Salustiani doveano essere contermini, o almeno vicini alla Via Flaminia, giacchè si finge, che Nerone ritornandosene per essa, divertisse il viaggio coll’entrare negli stessi orti. Ciò non sarebbe certamente potuto succedere, qualora la Via Flaminia fosse stata la stessa che inoggi da piazza di Sciarra si protrae per retta linea sino al Ponte Molle; imperocchè, siccome non si controverte che gli Orti Salustiani erano sul Monte Pincio; e precisamente nel luogo indicato nella predetta tavola topografica degli acquedotti, co’ num. 47, 48, 49 e 50; venivano a rimaner talmente remoti da questa pretesa via, come si vede dalla oculare ispezione della medesima Tavola, che Gratto il calunniatore non sarebbe stato così sciocco di assegnar questi orti per la diversione surriferita, come quella che oltre l’esser paruta strana, sarebbe stata contraria al contesto della esposizione fattacene da Tacito. Quello stesso scrittore conferma parimente il mio assunto nel libro III delle Storie, ove discorrendo della battaglia occorsa fra i Flaviani e i Vitelliani, dice, che l’esercito de’ Flaviani trovandosi al Ponte Milvio, tripartito agmine, pars, ut astiterat, Flaminia Via, pars juxta ripam Tiberis, incessit: tertium agmen per Salariam Collinae Portae propinquabat; e ciò affine di andare a Roma ad assalire i Vitelliani da tre parti. Da questa relazione necessariamente si arguisce, che se la Via Flaminia fosse allora stata quella medesima che in oggi esce per la Porta del Popolo, il detto tripartimento di esercito sarebbe stato vano, e in conseguenza non si sarebbe verificato l’attacco col nemico da tre parti, come accadde, imperocchè lo squadrone il quale Flaminia Via, e l’altro, che juxta ripam Tiberis incessit, si sarebbono indispensabilmente dovuti ricongiungere nello stretto del Campo che rimane vicino alla detta Porta del Popolo prima di assalire il nemico separatamente secondo il progetto fattone, ed ecco la vanità della divisione di questi due squadroni al Ponte Milvio; locchè non avvenne, atteso il surriferito vero andamento della medesima via. Ovidio nel terzo libro de’ Fasti, accennando le second’Equirie che si celebravano nel Campo Marzio addì 27 di febbrajo, così canta:

Altera grandmo spectabis Equina Campo,
QUEM TIBERIS CURVIS IN LATUS URGET AQUIS.

Qui debbo premettere, che il Campo Marzio si estendeva anticamente sino al Ponte Milvio, come si rileva dalle prove irrefragabili, che contro la comune opinione degli scrittori moderni da me si adducono verso il fine della spiegazione della succennata Tavola degli acquedotti. Ciò premesso, e vedendosi alla interpretazione de’ riferiti versi d’Ovidio, essi non fanno altro, che contrassegnarci il luogo ove si celebravano le dette Equirie. I contrassegni di questo luogo pertanto sono un ristringimento a fianco del Campo cagionato dal curvo andamento, del Tevere. Per tutta l’estensione del Campo Marzio non trova un tal ristringimento cagio-