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198 le confessioni d'un ottuagenario.

cacciatori a piedi — mi rispose Lucilio. — Si è fatto grande onore nel reprimere i moti sediziosi del contadiname del Genovesato. Ora si va innanzi. L’han fatto tenente e poi capitano in un mese; ma della sua compagnia, tra le schioppettate, gli assassinamenti, e le grandi fatiche, credo ne siano rimasti quattro soli di vivi. Uno per forza doveva diventar capitano: gli altri erano due ciabattini e un mandriano. Fu scelto com’era di dovere il mugnajo!... Lo troverai; e vedrai come gonfia! È un bravo e buon figliuolo, che offre la sua protezione a quanti incontra, e non si starà dall’offrirla anche a te.

— Grazie, — risposi io, — l’accetterò al bisogno.

— Non per ora, replicò Lucilio — chè il tuo posto è con noi e con Amilcare. —

Mi dissero allora di quest’ultimo, com’era più fiero e sgangherato che mai, e si manteneva l’anima della loro brigata coi ripieghi che sapeva trovare ai peggiori frangenti. Ridotti a vivere della paga, si può immaginare che sovente erano al verde; toccava allora ad Amilcare trovare espedienti per far denaro, e avuto questo, ingegnarsi di sparagnarlo fino al toccar delle nuove paghe. Amilcare mi fece tornare in mente anche Bruto Provedoni, che dicevano partito insieme col Giorgi, e non ne avea più saputo novella. Egli era tuttavia alle guerricciuole liguri e piemontesi, dove ad onta che il Re fosse buon amico e miglior servitore del Direttorio, questi s’adoperava sempre a mantener viva la resistenza per averne appiglio quando che sia a qualche bel colpo. Aveva intanto stuzzicato la rintonacata Repubblica Ligure a movergli guerra, e vietato a lui di difendersi; il povero Re non sapeva da qual parte volgersi; dappertutto precipizii. Fortuna che l’armigero e fedele Piemonte non somigliava per nulla la sonnacchiosa Venezia; chè altrimenti si sarebbe veduta qualche simile ignominia. Ignominia ci fu, ma tutta dal lato dei Francesi. — Mi