Pagina:Le confessioni di un ottuagenario II.djvu/452

Da Wikisource.
444 le confessioni d’un ottuagenario.

uscire barcollando dalla camera. Io pregai allora quanti lì erano che mi lasciassero quieto in compagnia del dolore perchè la soverchia commozione mi imponeva qualche riposo. Partiti che furono, mi ripigliò più tremenda che mai quella convulsione di pianto, e Lucilio non vide altro di meglio che aspettare un po’ di tregua dalla stanchezza. Quando poi le lagrime e il singulto concessero un varco alla voce, quali parole, quali preghiere, quali promesse non adoperai io, perchè mi salvasse una vita a mille doppi più preziosa della mia! Lo supplicai come i devoti supplicano Iddio; tanto avea bisogno di sperare che avrei rinnegato la ragione, e stravolto l’ordine del mondo per conservare una qualche lusinga. Una pietosa astuzia della speranza mi persuase, che ben potea rendere la salute e la vita alla Pisana quello che in me avea racceso la fiaccola della luce!...

— Oh sì! Lucilio! — sclamai — voi potete tutto purchè lo vogliate. Fin da piccino io vi riguardava come un essere sovrannaturale e quasi onnipotente. La vostra volontà comanda alla natura sforzi incredibili. Cercate, studiate, tentate: mai causa più giusta, mai impresa più alta e generosa meritò i prodigi della vostra scienza. Salvatela, per carità, salvatela!...

— Avete dunque indovinato tutto, rispose Lucilio dopo un momento di pausa; l’anima sua non è più tra noi; il corpo vive, ma non so nemmeno io il perchè. Salvatela, voi mi dite, salvatela!... E chi vi dice che la provvida natura non la salvi raccogliendola nel suo grembo?... Molto si può tentare contro le malattie della carne e del sangue; ma lo spirito, Carlo? dove sono i farmaci che guariscon lo spirito, dove gli istrumenti che ne tagliano la parte incancrenita per prolungar vita alla sana, dove l’incanto che lo richiami in terra, quando una virtù irresistibile lo assorbe a poco a poco in quello che Dante chiamava il