Pagina:Le confessioni di un ottuagenario II.djvu/595

Da Wikisource.

capitolo ventesimoterzo. 587

di salutare i Martelli, ed anche un Partistagno che ci si dice esser con loro; ma siccome pare che tarderanno, penso d’intraprendere una gita nell’interno per salutarli. Intanto fui utile al governo col disegnare i piani d’una nuova colonia sulla spiaggia oltre il Rio, la quale sarà composta tutta d’Italiani, e pel luogo più opportuno riescirà certo assai meglio dell’altra, alla quale invano attendono da un anno i Martelli. Anche vorrei abboccarmi con loro prima di partire, per dar loro qualche ragguaglio in proposito; e soltanto mi spiace che essendosi sollevate le provincie del Mezzogiorno, mi toccherà allungare d’assai il viaggio per trovarli.

Saladilla, febbraio 1855.

Son prigioniero da ventotto mesi, nelle mani di questi insorgenti, che mi trascinano dietro al loro campo come un misero schiavo. Ho due bambini, figliuoli della schiavitù e della sventura; la loro povera madre mi accompagna sempre, e sconta amaramente l’audacia di aver voluto unire il suo destino al mio. Pur troppo, dopo aver lasciato il padre e il fratello, sopra questa terra vorace di America, ci lascerà anco il marito!... La febbre mi consuma e domani forse sarò cadavere.

O padre, o madre mia! o miei dolci fratelli, quanto sarebbe lieto il mio spirito di spiccar d’infra voi il suo volo pel cielo!... Benedetto peraltro Iddio che anche sugli ultimi confini del mondo, seppe circondar la mia morte di affetti soavi. Tre angeli intorno al letto mi fanno fede, notte e giorno, della eterna beatitudine!...

O padre mio, sento che la morte si avvicina, e che i miei patimenti terreni sono al loro termine! Tu, verso del quale io ebbi sì gran torti, perdona al mio spirito fuggitivo la sua ingratitudine, consola di qualche compianto la penitenza ch’egli si è imposta, rendi pura e onorata la mia