Pagina:Le dicerie sacre.djvu/124

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Diciria I. li; ftfpint. Rofe non tinte dal piede Sanguigno d'vna Dea fauolofa:, ma imocrporate da’piedi, dalle mani, dal capo, dal fianco, e da tutte le membra infangoinate dal vero Iddi». Quefto quefto è >1 caro lenzuolo, anziil nobil cortinaggio, eia ricca rapezzaria del letto del no» Aro Rè, à queftoamorofameme ci chiama,in» aitando*i-non folo in elio à coricarci, ma à có- I templare ancora la fua Pittura . Jnuxui funi, ini Itciulum mium, /f'aui up.tiéus picìis tx Atgffto. Sò, che Alchida Rhodico^innamorò libidinosa mente della ftatua di Venere, opera di Praifitele. Hò letto, cbe Pigmalionej della fua s’inuaghì si follemente, che con clTo lei ragionaua, 1’ abbracciaua, e con aff.ttaofi gemiti fofpiraua . Souienmi, che (funio ha» cjndo veduto vn Simulacro delle Mufe ignudo fi accefe per elio di ftrano ardore. Mi ricordo, che Pont» fi compiacque in gmfad'Atalanta, e d’Helena fattegli per mano di Cleofanro, che fe neftruggeua didefiderio. Trouo fcrit- f * co finalmente amante efletfi ritrovato tanto focofo, che moti baciando della fua cara ama. ta il ritratto. Ma perche queU'affctto, e quel- ■ l’amore, che vanamente altri fpefe in imagini motte, Scinfenfate, non impieghiamo noi in quefta imagine *iua,e ritale di cita fantamente innamorandoli , ({tingendola con le braccia del cuore, ribaldandola co’baci dell'anima, e lauandola col bagno delle lagrime noftre_> » Qui à voi mi fiuoìgo ( Sereniamo Sire ) e «ti. • co , che s’à ciafcun’ altro conuiene la d uotio* ne , e la r Decenza veifola Pittura mirabile^

lapprefentataci da quefto (acro asciugatoio ,

io toì fopra tuttieilet dee rctfo quella, quanto