Pagina:Le mie prigioni.djvu/88

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alcuni giorni disperai di ripigliarla, e furono giorni d’inferno. Allora cessai di pregare, dubitai della giustizia di Dio, maledissi agli uomini ed all’universo, e rivolsi nella mente tutti i possibili sofismi sulla vanità della virtù.

L’uomo infelice ed arrabbiato è tremendamente ingegnoso a calunniare i suoi simili e lo stesso Creatore. L’ira è più immorale, più scellerata che generalmente non si pensa. Siccome non si può ruggire dalla mattina alla sera, per settimane, e l’anima, la più dominata dal furore, ha di necessità i suoi intervalli di riposo, quegli intervalli sogliono risentirsi dell’immoralità che li ha preceduti. Allora sembra d’essere in pace, ma è una pace maligna, irreligiosa; un sorriso selvaggio, senza carità, senza dignità; un umore di disordine, d’ebbrezza, di scherno.

In simile stato io cantava per ore intere con una specie d’allegrezza affatto sterile di buoni sentimenti; io celiava con tutti quelli che entravano nella mia stanza; io mi sforzava di considerare tutte le cose con una sapienza volgare, la sapienza de’ cinici.

Quell’infame tempo durò poco: sei o sette giorni.