Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/131

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giuro che non mi udrete parlare d’alcuna cosa che non mi risguardi, ed alla quale possiate aver interesse.

«Fatta tal convenzione, Amina recò la cena; e quand’ebbe illuminata la sala con gran numero di fiaccole preparate con legno d’aloè ed ambra grigia, che spandevano gratissimo odore e vivissima luce, sedè a tavola colle sorelle e col facchino, e ricominciarono a mangiare, a bere, a cantare, a far versi; le dame prendevano diletto ad ubbriacare il facchino, col pretesto di farlo bere alla loro salute; nè i detti arguti e le lepidezze furono risparmiate. Infine erano tutti del miglior umore, quando udirono bussare alla porta.»

Scheherazade fu qui obbligata d’interrompere il racconto, poichè vide spuntare il giorno. Il sultano, non dubitando che la continuazione di quella storia non meritasse d’essere ascoltata, la rimise al domani, e si alzò.


NOTTE XXXII


Sul finire della notte seguente, Dinarzade disse alla sultana: — Sorella, ho grand’impazienza di sapere chi batteva alla porta di quelle signore. — Or ora l’udrai,» rispose Scheherazade; «e ti assicuro che ciò non sarà indegno dell’attenzione del sultano mio signore.

«Quando le dame,» proseguì essa, «sentirono bussare, alzaronsi tutte e tre nel medesimo tempo per andar ad aprire; ma Safia, cui quell’incarico particolarmente apparteneva, fu la più sollecita; e le due altre, vedendosi prevenute, fermaronsi, aspettando che tornasse a riferire chi mai potesse venir da loro ad