Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/370

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«— Figliuolo,» gli disse un buon vecchio, «voi v’ingannate: se stamattina siete a Damasco, come potevate trovarvi ier sera al Cairo? Non può essere. — Eppure è verissimo,» insiste Bedreddin, «e vi giuro anzi che ho passata tutta la giornata di ieri a Balsora.» Aveva appena finito di parlare, che tutti si misero a ridere sgangheratamente, gridando: — È pazzo, è pazzo.» Taluni però lo compiangevano per la sua gioventù, ed uno della compagnia gli disse: — Figliuolo, parmi abbiate smarrita la ragione, poichè non pensate a ciò che dite; è mai possibile che un uomo sia di giorno a Balsora, la notte al Cairo, e la mattina a Damasco? Senza dubbio non siete peranco ben desto; richiamate i vostri spiriti. — Quello che dico è tanto vero,» ripigliò il giovane, «che ier sera mi sono ammogliato nella città del Cairo.» Tutti coloro che prima avevano riso, risero doppiamente al suo discorso. — Sentito,» gli disse la stessa persona che avevagli già parlato, «convien dire che abbiate sognato, e ve ne sia rimasta in cervello l’illusione. — So benissimo quello che dico,» rispose Bedreddin. «Ditemi piuttosto voi com’è possibile ch’io sia andato in sogno al Cairo, in cui sono persuaso d’essere effettivamente stato, ove mi fu condotta davanti sette volte la mia sposa, ogni volta ornata di nuovo abbigliamento; e dove finalmente ho veduto un orrido gobbo che pretendevasi darle in marito? Ditemi inoltre che cosa avvenne della mia veste, del mio turbante e della borsa di zecchini ch’io aveva al Cairo? —

«Benchè egli assicurasse, che tutte quelle cose erano reali, le persone che l’ascoltavano ne risero; talchè si turbò in guisa che non sapeva più egli stesso cosa pensare di quanto eragli accaduto...»

Il giorno, che cominciava a rischiarare l’appartamento di Schahriar, impose silenzio a Scheherazade, la quale, all’indomani, continuò così il racconto: