Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/371

Da Wikisource.

351


NOTTE CV


— «Sire,» continuò il visir Giafar, «dopo che Bedreddin Hassan si fu ostinato a sostenere la verità di quanto asseriva, si alzò per entrare nella città, e tutti lo seguirono gridando: — È un pazzo, è un pazzo.» A tali grida, questi mettevano la testa alle finestre, quelli presentavansi sulle porte; ed altri, unendosi a coloro che circondavano Bedreddin, gridavano al par di loro: — È un pazzo!» senza sapere di che si trattasse. Nell’imbarazzo in cui trovavasi il giovane, giunse davanti alla casa d’un pasticciere che apriva la bottega, e v’entrò per involarsi alle fischiate del popolo che lo seguiva.

«Quel pasticciere era altre volte stato capo d’una banda di Arabi vagabondi che derubavano le carovane, e benchè fosse venuto a stabilirsi in Damasco, ove non dava alcun motivo di lagnanze, non lasciava d’essere temuto da tutti quelli che lo conoscevano. Laonde, al primo sguardo da lui volto sulla plebaglia che seguiva Bedreddin, subito la sciolse. Allora il pasticciere, non vedendo più alcuno, fece varie interrogazioni al giovane, domandandogli chi fosse, e cosa lo avesse condotto a Damasco. Hassan non gli nascose nè la propria nascita, nè la morte del gran visir suo padre; gli raccontò poscia in qual modo era uscito da Balsora, e come, addormentatosi la notte precedente sulla tomba del padre, erasi trovato, allo svegliarsi, al Cairo, dove aveva sposato una dama della corte. Finalmente, gli esternò la sua sorpresa nel vedersi in Damasco, senza poter comprendere tutte quelle maraviglie.