Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/380

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NOTTE CX


— «Sire, il piccolo Agib, piccato dai maneggi dei compagni, uscì bruscamente dalla scuola, e tornato a casa piangendo, andò prima da sua madre Fior di Bellezza, la quale, agitata al vederlo così afflitto, gliene chiese con premura il motivo; ma egli non le potè rispondere che con parole tronche dai singhiozzi, tanto era oppresso dal dolore; e non fu se non ad intervalli ch’egli riuscì a raccontare la cagione mortificante del suo cordoglio. Quando ebbe finito: — In nome di Dio,» le disse, «vi scongiuro, madre mia, di dirmi chi è mio padre. — Figliuolo,» gli rispose ella, «vostro padre è il visir Schemseddin Mohammed, il quale vi abbraccia tutti i giorni. — Voi non mi dite la verità,» ripigliò Agib; «egli non è mio padre, ma vostro. Ma io, di qual padre son figliuolo?» A tal domanda, rammentandosi Fior di Bellezza la notte delle sue nozze, seguita da sì lunga vedovanza, cominciò a piangere amaramente, rammaricando le perdita d’uno sposo amabile come Bedreddin.

«Mentre Fior di Bellezza piangeva da un canto ed Agib dall’altro, entrò il visir e volle sapere la causa della loro afflizione. Fior di Bellezza gliela manifestò, e narratogli la mortificazione toccata da Agib alla scuola, quel racconto commosse al vivo il visir, il quale unì le sue alle loro lagrime; e da ciò giudicando che tutti tenessero discorsi contrari all’onore della figliuola, ne fu in gran disperazione. Colpito da sì crudel pensiero, andò al palazzo del sultano; e prosternatosegli ai piedi, lo supplicò umilmente di concedergli il permesso di fare un viaggio nelle pro-