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vince del Levante, ed a Balsora particolarmente, per andar a cercare suo nipote Bedreddin Hassan, dicendo non poter tollerare, che nella città si credesse aver un genio dormito con sua figliuola. Entrò il sultano a parte delle afflizioni del visir, ed approvata la sua risoluzione, gli permise di eseguirla; fecegli anzi estendere una nota, nella quale pregava, nei termini più cortesi, i principi ed i signori dei luoghi ove trovar si potesse Bedreddin, ad accondiscendere che il visir lo conducesse seco.
«Non trovò Schemseddin parole bastanti ad esprimere i suoi ringraziamenti al sultano per tanta bontà. Si contentò dunque di prosternarsi davanti al principe una seconda volta; ma le lagrime che gli scorrevano dagli occhi, manifestarono abbastanza la sua gratitudine. Infine, accommiatatosi dal sultano, ed auguratogli ogni sorta di prosperità, tornò a casa, non pensando che a disporre quanto occorreva per la partenza. Con tal sollecitudine ne furono fatti i preparativi, che quattro giorni dopo partì, accompagnato dalla figlia Fior di Bellezza, e da Agib suo nipote...»
Accorgendosi Scheherazade che il giorno cominciava a comparire, cessò a questo passo di parlare. Schahriar, alzatosi soddisfattissimo del racconto della consorte, risolse di ascoltare il seguito di tale storia; e la sultana ne appagò la curiosità la notte seguente, ripigliando in questi sensi:
NOTTE CXI
— Sire, il gran visir Giafar, volgendo sempre la parola al califfo Aaron-al-Raschid:
«Schemseddin Mohammed,» disse, «prese colla