Pagina:Le mille ed una notti, 1852, III-IV.djvu/124

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ne usciamo senza aver bisogno di asciugarli. Il nostro comune linguaggio è lo stesso di quello, nel quale trovasi concepita la scrittura incisa sul sigillo del gran profeta Salomone, figlio di David.

«Non devo dimenticare che l’acqua non c’impedisce neppur di vedere nel mare; noi vi teniamo gli occhi aperti senza soffrirne verun incomodo. Siccome li abbiamo eccellenti, non manchiamo, ad onta della profondità dell’oceano, di vederci tanto chiaro quanto sulla terra. Lo stesso è alla notte; la luna c’illumina, ed i pianeti e le stelle non ci stanno nascosti. Ho già parlato de’ nostri regni: siccome l’oceano è assai più ampio della terra, ve n’ha perciò un maggior numero, e molto più grandi. Sono divisi in province, ed in ogni provincia v’hanno varie città popolatissime. Vi si trova finalmente un’infinità di nazioni, di costumi e d’usi diversi, come sulla terra.

«I palazzi de’ re e de’ principi sono superbi e magnifici; ve ne sono di marmo di vari colori, di cristallo di rocca, di cui il mare abbonda; di madreperla, di corallo, e d’altri materiali più ricchi. L’oro, l’argento ed ogni sorta di pietre preziose vi si trovano in maggior copia che fra voi. Non parlo delle perle; di qualunque gossezza siano sulla terra, non si guardano nemmeno ne’ nostri paesi: la gente minuta soltanto se ne adorna.

«Siccome abbiamo un’agilità maravigliosa ed incredibile di trasportarci dove vogliamo in meno che non si dica, non abbiamo d’uopo nè di carri, nè di cavalcature. Pure non v’ha re che non abbia scuderie e razze di cavalli marini, ma non se ne servono, di solito, se non nei divertimenti, nelle feste e nelle allegrezze pubbliche. Taluni, dopo averli ben ammaestrati, si compiacciono di montarli e mostrare la loro destrezza nelle corse. Altri li attaccano a carri di madreperla, adorni di mille conchiglie d’ogni spe-