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Pagina:Le mille ed una notti, 1852, III-IV.djvu/300

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stancò di aspettare il ritorno degli officiali, ed accostatosi, guardommi attentamente; siccome io non cessava di piangere ed affliggermi, senza poter rispondere a quelli che m’interrogavano, egli ingiunse di non stancarmi più oltre colle domande, e rivoltosi a me: — Signora,» mi disse, «vi scongiuro a moderare l’eccesso del vostro duolo. Se l’ira del cielo vi fece provare il suo rigore, dovete perciò abbandonarvi alla disperazione? Abbiate, vi prego, maggior fermezza: la fortuna che vi perseguita è incostante; la vostra sorte può cangiare. Oso pure assicurarvi, che se le vostre disgrazie possono essere alleviate, lo saranno nei miei stati. Vi offro il mio palazzo; dimorerete vicino alla regina mia madre, la quale cercherà, co’ suoi buoni trattamenti, di addolcire le vostre pene. Non so ancora chi siate, ma sento che già m’interesso per voi. —

«Ringraziai il giovane re della sua bontà; accettai le cortesi di lui offerte, e per dimostrargli che non n’era indegna, gli palesai la mia condizione. Gli dipinsi l’audacia del giovane Saraceno, e non ebbi bisogno che di raccontargli semplicemente le mie disgrazie, per eccitarne la compassione e quella di tutti i suoi officiali che m’ascoltavano. Il principe, cessato ch’io ebbi di favellare, ripigliò la parola, e mi assicurò nuovamente che s’interessava molto al mio infortunio. Mi condusse poscia al palazzo, dove, presentatami alla regina sua madre, fu d’uopo ricominciare il racconto delle mie avventure e rinnovare le lagrime. Sensibilissima si mostrò la regina ai miei affanni, e concepì per me estrema tenerezza, mentre il re, da parte sua, invaghitosi perdutamente di me, m’offrì in breve la corona e la mano. Era ancora così afflitta delle mie disgrazie, che il principe, per quanto fosse amabile, non fece su me l’impressione che avrebbe potuto fare in altri tempi, tuttavia, piena