Pagina:Le mille ed una notti, 1852, III-IV.djvu/641

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«— Moglie,» lo dissi, «moderatevi; non comprendete che colle vostre grida ed i vostri pianti state per tirarci qui tutti i vicini? non v’è bisogno che siano informati delle nostre disgrazie. Ben lungi dal partecipare alla sventura nostra, e consolarci, si farebbero un piacere di beffarci per la nostra credulità. Il partito migliore che ci rimanga a prendere, è di dissimulare la perdita, sopportarla pazientemente, in modo che non ne trasparisca la menoma cosa, e rassegnarci alla volontà di Dio. Benediciamolo, al contrario, per chè di duecento pezze d’oro, che ci aveva date, non ne ritirò che centonovanta, lasciandocene, per sua liberalità, dieci, il cui uso, testè fattone, non lascia di recarci qualche sollievo. —

«Per quanto buone fossero le mie ragioni, mia moglie durò assai fatica ad ascoltarle: ma il tempo che mitiga i mali maggiori e che sembrano meno sopportabili, fece che alla fine essa vi si arrendesse.

«— Viviamo poveramente,» le diceva io, «è vero; ma che cos’hanno i ricchi che anche noi non possediamo? Non respiriamo l’aria medesima? Non godiamo della stessa luce, e del calore dello stesso sole? Alcuni agi ch’essi hanno più di noi, potrebbero farci invidiare la loro felicità, se non morissero al par di noi. A ben considerarla, pieni del timor di Dio, che dobbiamo sopr’ogni altra cosa avere, il vantaggio ch’essi hanno su noi è tanto minimo, che non dobbiamo badarvi. —

«Non tedierò più lungamente vostra maestà colle mie riflessioni morali. Ci consolammo dunque, mia moglie ed io, e continuai nel mio lavoro, coll’animo libero, quasi non avessi patite perdite tanto mortificanti, ed a si poca distanza di tempo l’un dall’altra.

«La sola cosa che mi dispiacesse, e ciò accadeva sovente, era quando chiedeva a me medesimo come avrei potuto sostenere la vista di Saadi, allorchève-